mercoledì 19 marzo 2014

I pescatori Jihad Aby Ryala (23 anni) e Shabaan Aby Ryala (33 anni) - foto di Rosa Schiano


Martedì 11 marzo, la marina militare israeliana ha arrestato due pescatori palestinesi e confiscato la loro barca da pesca a circa 3 miglia nautiche dalla costa di Gaza. 

I due cugini, Shabaab Abu Ryala, 33 anni, Jihad Abu Ryala, 24 anni, del campo rifugiati di Shati, erano andati a pescare verso le 7 del mattino. Jihad ci ha detto che "Verso le 14.00, due navi militari israeliane si sono avvicinate alla nostra barca ed i soldati hanno iniziato a sparare. Eravamo a circa 4 miglia dalla costa. Abbiamo cercato di scappare. I soldati hanno sparato sulla nostra barca e sul motore, stavamo per affondare. La nostra barca era distrutta".
I pescatori avevano cercato di scappare e stavano tornando verso la costa quando sono stati arrestati a circa 2 miglia e mezzo dalla costa. 

VIDEO
Avevamo visto il loro arresto "in diretta" da un edificio di Gaza city, assistendo impotenti al loro rapimento. Ho girato questo video in cui si vedono le due navi della marina militare israeliana trainare la piccola barca dei due pescatori dopo averli arrestati 





Jihad ci ha detto: "Un soldato mi ha ordinato di andare sulla parte anteriore della barca e di togliermi i vestiti, di tuffarmi e di salire a bordo della loro nave, che si trovava a pochi metri di distanza dalla nostra barca. Non ho accettato di togliermi i vestiti, ma loro mi hanno gridato di farlo. Mio cugino Shabaan cercava di convincermi di ascoltare i soldati israeliani. Così mi sono spogliato e mi sono tuffato in mare, avevo freddo ed nuotato indietro per tornare alla mia barca, ma i soldati hanno iniziato a sparare e a dirmi 'vieni sulla nave'. Una delle navi israeliane era vicina alla nostra barca, ma i soldati ci hanno chiesto di nuotare verso l'altra nave israeliana che era distante da noi. Ho deciso di nuotare. Quando ho raggiunto la nave, i soldati mi hanno tirato a bordo, mi hanno fatto indossare un pantalone, mi hanno ammanettato con le mani dietro la schiena, mi hanno bendato ed incappucciato".

La famiglia di di Jihad ci ha mostrato il completo pantalone e felpa e ciabatte che l'esercito ha dato ai due pescatori. "Hanno preso la nostra barca che vale 12.000 dollari e ci hanno dato un completo che vale meno di 20 shekels", ha esclamato un membro della famiglia. 


il completo fornito ai pescatori dall'esercito israeliano - foto di Rosa Schiano

Mentre le navi israeliane si dirigevano al porto israeliano di Ashdod, i soldati hanno chiesto ai due pescatori informazioni generali, nome e numero di carta di identità. "Io non ricordo il numero della mia carta di identità - ho detto al soldato - che ha usato poi forza su di me. Stava cercando di ottenere informazioni da me, poi un altro soldato gli ha detto 'lascialo stare'", ci ha riferito Jihad.

Nel porto di Ashdod, i due pescatori sono stati sbendati e le loro mani liberate dalle manette per permettere loro di scendere dalla nave. Ai pescatori è stata data la felpa e le ciabatte.

"Ci hanno incappucciati di nuovo ed ammanettati. Ci hanno portati in una piccola stanza dove ci hanno poi sbendati ed hanno liberato le nostre mani dalle manette. Una dottoressa dell'esercito ha controllato la nostra salute, la pressione del sangue. Quando ha finito, siamo stati ammanettati e bendati di nuovo.

"Ci hanno lasciati da soli per una ventina di minuti. Un investigatore è venuto ad interrogarmi. Durante l'interrogatorio mi hanno sbendato mentre mio cugino era ancora bendato. L'investigatore mi ha chiesto i nomi dei membri della mia famiglia dal più piccolo al più grande di età. Mi ha chiesto chi fossero i miei amici. Poi sono stato bendato ed ammanettato. Mi hanno poi portato in un'altra stanza dove sono rimasto per circa un'ora. Successivamente un investigatore è venuto e mi ha chiesto 'Puoi dirmi come i soldati ti hanno trattato a bordo della nave?' e poi mi ha chiesto 'Ricordi il numero delle navi che hanno sparato sulla tua barca?' Ho risposto di sì, ho detto che il numero delle tre navi sono 844-838-831. Poi mi hanno lasciato da solo per circa 4 ore. Poi un soldato è venuto, mi ha tolto le manette, mi ha colpito duramente alla schiena e mi ha detto che potevo andare a casa".
I due pescatori sono stati trasportati al valico di Erez e l'hanno attraversato verso mezzanotte. 

I due pescatori hanno perso, oltre alla barca, anche due GPS ed un telefono che erano sulla barca.
Jhad era stato già arrestato dalla marina israeliana una volta nel 2008, mentre per suo cugino si tratta della terza volta.
Un pescatore ci ha riferito che dal 2010 Israele non ha restituito nessuna delle piccole barche da pesca confiscate.

Jihad ha due figli piccoli  e pesca da quando aveva 10 anni. 
La sua è una famiglia di pescatori.

31 persone dipendevano dalla barca confiscata. La pesca è la loro unica fonte di sussistenza.
La sua famiglia possiede un'altra piccola barca priva di motore e leggermente danneggiata.

"Entrambi non hanno lavoro, non hanno speranza", ci ha detto il padre di Shabaan. 

Jihad Abu Ryala con suo figlio e suo cugino Shabaan Abu Ryala - foto di Rosa Schiano


Il campo rifugiati di Shati era buio. Da qualche giorno nella Striscia di Gaza si hanno solo 6 ore di elettricità quotidiane a causa della mancanza di carburante. La corrente è venuta a mancare verso le 18.30 locali, al termine dell'incontro con i due pescatori. Camminando nel campo rifugiati di Shati, era forte l'odore delle acque reflue che scorrevano lungo l'asfalto. Alcuni bambini giocavano con dei pattini a rotelle, ed ogni tanto, qualcuno nell'oscurità cadeva, ma si rialzava subito. Li abbiamo salutati e ci hanno sorriso. Loro, non perdono mai il sorriso.

Guardando il mare sulla mia destra, osservavo le luci delle barche dei pescatori e l'impotenza che avevo avvertito durante il nostro incontro mi assaliva e si mischiava alla rabbia. 

"La situazione qui sta peggiorando sempre di più", ci ha detto un amico palestinese. 
Qui si continua a vivere grazie alle misere donazioni ed ai pacchi cibo. I "rifugiati", vittime di una doppia ingiustizia, sognano ancora di tornare alle loro terre e tramandano la loro storia di generazione in generazione. 

Le violazioni quotidiane dell'esercito israeliano avvengono alla luce del sole. Le abbiamo anche riprese con macchine fotografiche e videocamere. Tutto ciò l'abbiamo riportato centinaia di volte nel corso degli anni. Eppure, tutto ciò è considerato normale. Nessuna potenza innternazionale interviene per fermare le forze israeliane, nessun organo internazionale sanziona Israele. Per questo, l'esercito entra nelle acque di Gaza sulle quali ha imposto un limite illegale e  fa ciò che vuole. 

A volte, i pescatori che hanno subito attacchi chiedono al nostro traduttore che cosa loro possono ottenere attraverso i report che scriviamo. Che cosa rispondere? A volte diciamo loro che i report servono a far aumentare la consapevolezza nelle persone. Ma nel concreto, se le nostre istituzioni non intervengono, nulla potrà cambiare. Il BDS è una buona risposta alle violazioni israeliane.

Nonostante ufficialmente il limite imposto dalle autorità israeliane sulle acque della Striscia di Gaza sia di 6 miglia nautiche dalla costa palestinese, le forze israeliane impongono un limite di 1 o 2 miglia nelle acque a nord della Striscia. Si osserva che il limite si sta restringendo anche nelle acque a sud della Striscia di Gaza, in particolare di fronte Rafah. 
Questi attacchi continui contro i pescatori di Gaza minano la loro capacità di sussistenza e costuiscono una violazione del diritto internazionale

Background
Israele ha progressivamente imposto restrizioni ai pescatori palestinesi sull'accesso al mare. Le 20 miglia nautiche stabilite sotto gli accordi di Jericho nel 1994 tra Israele e l'Organizzazione di Liberazione della Palestina  (OLP), sono state ridotte a 12 miglia sotto l'Accordo Bertini nel 2002. Nel 2006, l'area acconsentita alla pesca è stata ridotta a 6 miglia nautiche dalla costa. A seguito della offensiva militare israeliana "Piombo Fuso" (2008-2009) Israele ha imposto un limite di 3 miglia nautiche dalla costa, impedendo ai palestinesi l'accesso all' 85% delle acque a cui hanno diritto secondo gli accordi di Jericho del 1994.
Gli accordi raggiunti tra Israele e la resistenza palestinese dopo l'offensiva militare israeliana di novembre 2012, "Pilastro di Difesa", hanno acconsentio ai pescatori di Gaza di raggiungere nuovamente le 6 miglia nautiche dalla costa. Nonostante questi accordi, la marina militare israeliana non ha cessato gli attacchi contro i pescatori di Gaza, anche all'interno di questo limite. A Marzo 2013, Israele ha imposto nuovamente un limite di 3 miglia nautiche dalla costa, affermando che tale decisione era stata presa a seguito dell'invio di alcuni razzi palestinesi verso il sul di Israele. Mercoledi' 22 maggio 2013, le autorità militari israeliane hanno diffuso attraverso alcuni media la decisione di estendere nuovamente il limite a 6 miglia nautiche dalla costa.


la marina israeliana arresta i due pescatori - foto di Rosa Schiano

la marina israeliana arresta i due pescatori - foto di Rosa Schiano

la marina israeliana arresta i due pescatori - foto di Rosa Schiano

la marina israeliana arresta i due pescatori - foto di Rosa Schiano

la marina israeliana arresta i due pescatori - foto di Rosa Schiano

la marina israeliana arresta i due pescatori - foto di Rosa Schiano

la marina israeliana arresta i due pescatori - foto di Rosa Schiano





lunedì 3 marzo 2014

Venerdì sera una donna palestinese di 58 anni, Amna Atia Mahmoud Qudeih, é stata uccisa dal fuoco dell'esercito israeliano in un'area chiamata Sanati, ad est di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza.

Amna era andata ad una festa di matrimonio quella sera. Poi, verso le 21.00, la donna, che soffriva di disturbi psicologici, si era allontanata e si era diretta verso il confine, ad una distanza di circa 30 metri dalla barriera che separa la Striscia di Gaza dai territori che Israele ha occupato nel 1948. 
L'esercito israeliano ha iniziato a sparare e l'ha uccisa colpendola con un proiettile nel lato sinistro dell'addome.

Successivamente le forze israeliane hanno contattato la Croce Rossa Internazionale per il recupero del corpo.
Un vicino di casa ci ha detto che verso le 22.00 la Croce Rossa Internazionale ha contattato la famiglia della donna comunicando che non era possibile accedere all'area. L'esercito israeliano infatti continuava a sparare.
Inoltre l'esercito israeliano non avrebbe comunicato alla Croce Rossa Internazionale dove si trovasse esattamente il corpo della donna. L'esercito avrebbe lanciato segnali luminosi in alcune zone del confine per indicare dove si trovava il corpo, ma non nel luogo esatto, come a prendersi gioco dello staff medico.

Il corpo della donna è stato ritrovato soltanto alle 7 del mattino. 

Probabilmente, se l'esercito israeliano avesse permesso all'ambulanza di recuperare immediatamente il corpo, se avesse indicato dove il corpo esattamente si trovava, Amna sarebbe sopravvissuta.

"Perché l'hanno uccisa? Soffriva di problemi psicologici, perché le hanno sparato?", ci ha chiesto, con gli occhi lucidi, Resga, l'anziana madre novantenne.

La donna viveva insieme alla madre e l'aiutava nelle faccende domestiche. Il padre era morto alcuni mesi fa. 

Amna è stata uccisa con il vestito tradizionale palestinese che aveva indossato per la festa di matrimonio.

Alla domanda di sua madre, non abbiamo risposta. 

Possiamo ancora osservare, riportare ed essere testimoni di queste continue orrende aggressioni che continuano ad avvenire nell'ossordante silenzio internazionale.

Resga Qudeih (photo by Rosa Schiano)

Amna Atia Manhoud Qudeih (photo by da local press)




domenica 23 febbraio 2014

Mohammed Helles (photo by Rosa Schiano)

Era il venerdì della protesta della resistenza popolare. Centinaia di giovani palestinesi si erano riuniti lungo il confine ad est di Jabalia, nel nord della Striscia di Gaza. 
Come ogni venerdì, alcuni giovani, tra i più coraggiosi, si avvicinavano alla barriera che separa i territori palestinesi da quelli che Israele ha occupato nel 1948, nel tentativo di piazzare una bandiera palestinese per rivendicare il diritto alla propria terra. Altri lanciavano pietre con le fionde in direzione dei soldati. Camionette militari israeliane erano disposte lungo il confine. I militari israeliani hanno iniziato a sparare proiettili e gas lacrimogeno ad altezza d'uomo. Il bollettino di questa giornata riporta 14 giovani palestinesi feriti da arma da fuoco e gas lacrimogeno compreso un bambino in gravi condizioni.

Il bambino, Mohammed Helles, di età tra i 12 ed i 14 anni, è stato colpito alla testa da un candelotto di gas lacrimogeno. Alcune delle immagini scattate dal fotografo palestinese Mahmud Hams (AFP) sono inquietanti:

Mohammed Helles (photo by Mahmud Hams - AFP)

Mohammed Helles (photo by Mahmud Hams - AFP)

Mohammed Helles (photo by Mahmud Hams - AFP)


Mohammed Helles (photo by Mahmud Hams - AFP)

Abbiamo visitato Mohammed Helles nel reparto di Terapia Intensiva dell'ospedale Shifa in Gaza city.
Prima di entrare in sala, uno dei dottori ci aveva riferito che il bambino non era in grado di parlare, forse nemmeno di ascoltare. Mohammed respirava normalmente, senza ventilazione elettronica. Il suo capo era fasciato. Un dottore del reparto ci ha riferito che il bambino era arrivato in ospedale con un Glasgow Coma Scale di 11. Frammenti di esplosivo hanno colpito il cervello e sarebbe stato successivamente sottoposto ad un intervento chirurgico.  Il report ospedaliero parla di trauma cranico dovuto a "missile esplosivo" contusioni multiple al cervello, corpo estraneo nello scalpo. Il dottore del reparto si mostrava ottimista e ci ha rassicurati dicendoci che il bambino sarà in grado di recuperare.

Resta, tuttavia, un dubbio sull'arma che abbia colpito Mohammed, in quanto il tipo di ferita che ha subito è una ferita da arma da fuoco.

Mohammed Helles (photo by Rosa Schiano)



Il secondo bambino, Fadel Abu Odwan, di 12 anni, è rimasto ferito invece lungo il confine nell'area di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza. L'esercito israeliano spesso apre il fuoco verso i terreni agricoli palestinesi causando vittime fra i civiili.
Fadel  è stato trasportato all'ospedale Nasser in Khan Younis dove si trova ricoverato attualmente nel reparto di terapia intensiva.
Ha subito una ferita da arma da fuoco nell'area pelvica. L'arteria femorale sinistra è rotta, ha subito una forte emorragia ed è stato sottoposto ad un intervento di orchiectomia, l'esportazione dei testicoli. Fadel era sedato per il dolore intenso. Fadel è cosi piccolo, ma il suo futuro è ormai segnato.

Fadel Abu Odwan (photo by Rosa Schiano)

Fadel Abu Owan  (photo by Rosa Schiano)


Fadel Abu Odwan (photo by Mahmoud Bassam)

Fadel Abu Odwan (photo by Mahmoud Bassam)


Le aggressioni da parte dell' esercito dell'occupazione israeliana e l'illegale assedio imposto sulla Striscia di Gaza continuano sotto il silenzio internazionale.


lunedì 10 febbraio 2014

protesta della resistenza popolare, 10 febbraio 2014, Gaza


Venerdì abbiamo preso parte alla manifestazione della resistenza popolare che settimanalmente centinaia di ragazzi palestinesi tengono lungo il confine ad est di Jabalia, nel nord della Striscia di Gaza.
Consapevoli degli attacchi che avremmo subito da parte dell'esercito israeliano, eravamo muniti di cipolle, acqua e lievito per sollevarci dal dolore dei lacrimogeni. 

Ragazzi palestinesi di età compresa tra i 10 ed i 24 anni si sono riuniti lì per sfidare l'occupazione militare israeliana, avvicinandosi alla barriera di separazione, lanciando pietre o piazzando bandiere palestinesi sopra la barriera. 

Piazzare una bandiera sopra la barriera che separa i territori palestinesi da quelli che Israele ha occupato nel 1948 rappresenta una vittoria che vale la vita per molti di questi ragazzi.

L'esercito israeliano in jeep si è schierato lungo la barriera. Tre soldati si sono nascosti dietro una collina con le armi puntate verso i manifestanti. Alcuni soldati usciti da una jeep hanno iniziato a sparare proiettili e lacrimogeni, nonostante sapessero che davanti a loro avevano solo dei ragazzini disarmati o muniti solo delle tipiche fionde.

Il vento era a nostro favore, motivo per cui inizialmente il gas dei lacrimogeni non ci ha colpiti. Successivamente l'esercito ha lanciato lacrimogeni a lunga distanza così che fossimo tutti avvolti dal gas. Molti giovani hanno iniziato a correre guardando verso il cielo per evitare di essere colpiti dai cilindri. Il gas bruciava negli occhi e nei polmoni.

"Siamo qui per liberare Gerusalemme ed affermare il diritto alla nostra terra", ci ha detto un giovane. 

Alla protesta erano presenti anche due giovani che erano rimasti feriti nelle manifestazioni precedenti, di cui uno, in stampelle, portava il fissatore esterno nella sua gamba destra. Ci ha salutati con un enorme sorriso, nonostante tutto. 

La tensione saliva con il passare del tempo, e presto i lacrimogeni hanno lasciato il posto ai proiettili. Un'ambulanza ha poco dopo raggiunto il posto. 

Il bollettino di questa giornata riporta 5 giovani feriti, di cui 3 da arma da fuoco e due da gas lacrimogeno.

Nizar Mahey El Dein Zaqout, 23 anni, è stato ricoverato al Kamal Odwan hospital in Beit Lahia. L'abbiamo incontrato il giorno seguente in ospedale. Ha riportato ferita da arma da fuoco al ginocchio sinistro con frattura e da frammenti di esplosivo. È stato sottoposto a chirurgia al mattino e deve rimanere sotto osservazione per controllo dei nervi.
Nizar aveva posto una bandiera palestinese sopra la barriera di separazione ed un soldato gli ha sparato. alcuni ragazzi l'hanno trasportato correndo verso l'ambulanza. 
"Perché rischi la vita?", gli ho chiesto. "Perché questa è la nostra terra. Gerusalemme ci appartiene. Loro vivono nella nostra terra contro la nostra volontà", ha risposto Nizar.
Anche il venerdì precedente Nizar era andato alla protesta ed era rimasto ferito da gas lacrimogeno.
Non appena ho saputo il suo nome gli ho chiesto se fosse parente di un ragazzo ucciso due anni fa. Mi ha detto di sì. Suo cugino Mahmoud Zaquout, 19 anni, era stato ucciso dall'esercito il 30 marzo di due anni fa durante la Global March to Jerusalem, vicino il valico di Erez, nel nord della Striscia. Suo cugino era stato ucciso da un proiettile mentre cercava di porre una bandiera palestinese sopra la barriera di separazione. (Qui avevo raccontato della sua storia e di quella giornata http://ilblogdioliva.blogspot.it/2012/04/mahmoud-19-anni-ucciso-ad-erez-nel-land.html ). 
Nizar ci ha detto che continuerà ad andare a queste manifestazioni di resistenza popolare che sono iniziate nuovamente a Gaza circa 2 mesi fa. Nizar ci ha anche detto che da circa 6 settimane le manifestazioni sono diventate più aggressive. 
"Potrei diventare un martire lottando per la liberazione di Gerusalemme e per aprire una linea tra la Striscia di Gaza e la Cisgiordania. Noi manifestiamo anche per i diritti delle detenute palestinesi nelle carceri israeliane", ci ha detto Nizar.


Ali Ziad Salim Abu Dan, 19 anni, è invece rimasto ferito gravemente e ricoverato nel reparto di terapia intensiva dello Shifa hospital in Gaza city. Suo padre ci ha detto che il proiettile è entrato dal petto ed ha coinvolto cuore e fegato, ad una distanza di pochi millimetri dalla spina dorsale. 
È arrivato in coma in ospedale, si è svegliato il giorno successivo. È stato ricoverato in ICU sotto ventilazione artificiale. L'ultimo aggiornamento che abbiamo ricevuto da suo padre domenica sera riporta che le sue condizioni stanno migliorando ed il giovane sta respirando senza ventilazione.

Il terzo ferito, Ahmad Mahmoud Al Najjar, 23 anni, è stato colpito da un proiettile alla gamba destra, non ha subito frattura, ed è stato rilasciato dall'ospedale.

Gli altri due giovani sono rimasti feriti da gas lacrimogeno e sono stati rilasciati dall'ospedale.

Molti di questi giovani rischiano la propria vita perché credono nella liberazione della propria terra. Diventare martiri significa esser ricordati per aver lottato coraggiosamente per la stessa. 
Alcuni, rischiano perché sono disperati; le loro condizioni di vita, l'assedio, la mancanza di lavoro, non danno loro alcuna speranza per il futuro. 

Noi continueremo ad essere testimoni, come Nizar ci ha chiesto, per dar loro voce e per essere loro accanto nella lotta per i propri diritti, perché la questione palestinese non è solo un questione umanitaria ma una questione politica.


Nizar Mahey El Dein Zaqout, 23 anni


Ulteriori foto che ho scattato durante la protesta:

















giovedì 23 gennaio 2014

Ahmad Kamal Abo Warda e Yousef Amin Abo Warda (photo by Charlie Andreasson)


Yousef Amin Abo Warda, 18 anni, e suo cugino Ahmad Kamal Abo Warda, 16 anni, verso le 6 del mattino di lunedì, erano usciti di casa per andare a pescare con la loro piccola barca senza motore.
Verso le 7.30 stavano pescando nelle acque di fronte ad un'area chiamata Al Waha, nel nord della Striscia di Gaza, ed avevano lanciato le reti  a circa 3 kilometri di distanza dalla costa (circa 1.6 miglia nautiche).

L'arresto

Yousef ci ha raccontato che due navi grandi della marina militare israeliana si sono avvicinate alle  imbarcazioni dei pescatori. Mentre gli altri pescatori hanno potuto scappare, per Yousef e Ahmad è stato impossibile a bordo della loro barca senza motore e resa pesante dell'acqua di mare che penetrava attraverso un foro. 
"I soldati da una delle navi militari hanno iniziato a sparare in acqua, mentre la seconda nave girava attorno a noi velocemente per creare delle onde", ci ha detto Yousef.
I soldati, come usano fare, hanno chiesto ai due giovani pescatori di svestirsi, tuffarsi in acqua e raggiungere a nuoto la nave israeliana.
"Cercavo di avvicinarmi alla loro nave nuotando, ma la nave si allontanava, così per me diventava dura. Ho gridato muovendo le mie braccia che ero stanco, che non potevo più nuotare. La nave si è fermata. Sono andato direttamente alla scala che hanno tirato giù e sono salito a bordo", ci ha raccontato Yousef.
"Mi hanno fatto inginocchiare ed hanno ammanettato le mie mani dietro la schiena. Poi mi hanno dato dei vestiti e mi hanno aiutato ad indossarli. Hanno gridato a mio cugino Ahmad di nuotare verso la nave. Dopo circa una mezz'ora Ahmad era seduto dietro di me, entrambi eravamo con mani e piedi legati", ha aggiunto Yousef. I soldati hanno anche colpito alla schiena i due pescatori con dei calci. 

L'arrivo al porto di Ashdod
Dopo circa un'ora e trenta, la nave ha raggiunto il porto israeliano di Ashdod. I soldati hanno sbendato e tolto le manette ai due pescatori per permettere loro di scendere dalla nave.Una volta a terra, i pescatori sono stati nuovamente ammanettati e bendati.
Sono state chieste loro le generalità, il loro nome, il luogo di residenza, la data di nascita, il numero di telefono. I soldati hanno scritto queste informazioni in ebraico su un foglio. Hanno chiesto a Yousef di tenere il foglio tra le mani e gli hanno scattato una fotografia.Yousef  ed Ahmad sono rimasti in due stanze separate per circa 3 ore.
"Successivamente, alcuni soldati mi hanno portato nella stanza dove era detenuto Ahmad. Ci hanno lasciati in una stanza ammanettati per altre tre ore. Poi ci hanno fatti salire su una jeep e ci hanno portati ad Erez", ci ha detto Yousef.

Erez ed il lungo interrogatorio
In Erez i due pescatori sono stati portati in una stanza ed interrogati separatamente.
L'investigatore ha chiesto ad Yousef del suo nome, della sua famiglia, dei suoi fratelli, dell'età dei suoi parenti, del lavoro ed altre informazioni personali. "L'investigatore mi ha mostrato una mappa al computer che mostrava la città di Jabalia, mi ha detto il nome delle strade con dettagli specifici. Mi ha chiesto di selezionare la mia casa. Mi ha mostrato una casa dove ci sono persone che lavorano per Hamas e le brigate Al Qassam, e mi ha chiesto se li conosco. Gli ho detto di no. Poi mi ha mostrato altre case di persone legate ad Hamas, me ne ha mostrate più di due. Stava tentando di ottenere informazioni da me. Gli ho detto che non sapevo niente. Mi ha detto 'Hai paura? Se in un posto al sicuro e puoi dirci qualsiasi cosa. Questa gente (Hamas) sta cercando di distruggere la tua vita, sono dei terroristi', mi ha detto l'investigatore. Mi ha mostrato circa 6 famiglie che vivono nel mio quartiere", ci ha detto Yousef.
L'investigatore gli ha poi mostrato la spiaggia ed ha chiesto ad Yousef dove tiene la sua barca ed in quale punto della spiaggia lavora. L'investigatore ha chiesto ad Yousef anche di un sito della polizia nell'area e di quante persone ci lavorano. Yousef gli ha risposto che conosce solo i due poliziotti ai quali i pescatori mostrano in spiaggia i loro permessi e che non si recano ai siti governativi. L'investigatore ha chiesto ad Yousef di un sito di allenamento delle brigate Al Qassam, Yousef gli ha risposto di non sapere nulla. 
"L'investigatore mi ha poi mostrato foto di alcune hasaka (piccole barche da pesca) e mi ha chiesto a chi appartenessero, e mi ha chiesto di alcune caffetterie sulla spiaggia e del porto, gli ho detto di non sapere nulla sul porto e che non vado lì. L'investigatore mi ha chiesto 'Nel campo rifugiati di Jabalia c'è un sito che appartiene ad Hamas?' , gli ho detto di non sapere", ci ha raccontato Yousef.
Sembra che i soldati abbiano tentato di approfittarsi della sua giovane età esercitando su di lui molta pressione attraverso queste domande.
"L'investigatore mi ha chiesto cosa ne pensassi di Al Sisi (il generale egiziano a capo delle forze armate egiziane) e come è il rapporto tra Hamas ed Al Sisi. Gli ho risposto che io non seguo le notizie o la politica, gli ho detto che io vado a pescare e torno a casa", ci ha raccontato Yousef.
Le domande dell'investigatore rasentavano il ridicolo, tanto che un timido sorriso è apparso sul viso di tutti  noi nonostante la tragicità della situazione. 
"L'investigatore mi ha detto 'Se ti trovi vicino il confine e vieni ferito dall'esercito, chi rimproveresti e riterresti responsabile?', 'Voi siete responsabili', gli ho detto. E lui mi ha risposto 'Hamas dovrebbe essere rimproverato, non noi'. L'investigatore poi mi ha chiesto 'Cosa pensi dell'attuale governo di Hamas e come lo giudichi in paragone con Fatah? Ti senti a tuo agio? Perché lo avete eletto? Eravate felici sotto il governo israeliano. Molti palestinesi venivano qui a lavorare ed avevano soldi. Puoi paragonare la vostra vita attuale a quella in cui Israele controllava Gaza'. 'Io ho solo 18 anni - gli ho detto - non lo posso sapere e non sono mai andato in Israele'. 
L'investigatore ha chiesto poi ad Yousef informazioni sui tunnels, Yousef gli ha risposto che lui è solo un pescatore e non ne ha mai visto uno. Infine, l'investigatore gli ha chiesto se si sentiva affamato. Yousef ha detto di sì. I soldati gli hanno portato un sandwich shawarma ed una Coca-Cola.
Poi Yousef è stato portato in un'altra stanza ed  rimasto lì un'ora. Nel frattempo gli investigatori hanno interrogato suo cugino Ahmad. I soldati hanno poi accompagnato i due giovani pescatori al gate di Erez ed hanno detto loro di tornare nella Striscia di Gaza. 
"Hanno chiuso la porta del gate alle nostre spalle. C'è una grande distanza tra il gate di uscita di Erez e il gate di ingresso palestinese, a piedi bisogna camminare almeno 30 minuti. Noi quasi correvamo, anche perché avevamo freddo".

Possiami immaginarli, questi due ragazzini, correre nel freddo della notte per tornare a casa quanto prima.

I parenti dei due ragazzi, spaventati per la mancanza di notizie, avevano cercato di contattare la Croce Rossa Internazionali ed altre associazioni. Avevano anche chiesto ad alcuni pescatori di cercarli in mare. Ma solo verso le 23.00 la Croce Rossa Internazionale aveva comunicato loro che i due erano stati arrestati. 

Escalation
I pescatori ci hanno confermato che dall'inizio del 2014 vi è un aumento degli attacchi contro i pescatori di Gaza e la situazione peggiora di giorno in giorno. Secondo i pescatori, le forze militari israeliane aumentano gli attacchi nelle stagioni della pesca per impedire ai pescatori di pescare.

Perdita e speranza
La grande famiglia Abo Warda, il cui nome è utilizzato anche per indicare il quartiere in cui questa famiglia abita, conta circa 35 pescatori, di cui circa la metà sono stati arrestati.
Nel mese di novembre avevamo incontrato altri due giovani della stessa familglia, Saddam e Mahmoud Abo Warda, che erano stati arrestati ed uno ferito di striscio da un proiettile all'addome. Anche loro erano stati attaccati mentre pescavano su una barca senza motore e quindi impossibilitati a scappare.
Diverse barche di questa famiglia sono state confiscate e si trovano attualmente nel porto israeliano di Ashdod.
Yousef ed Ahmad hanno perso le reti, oltre che la barca.
"Prima avevamo tre barche con le reti, ora alla mia famiglia è rimasta solo una barca e senza reti. Chiedo alla comunità internazionale di fermare questi attacchi israeliani", ci ha detto Yousef. 
"Otto persone in questa casa sono pescatori, una delle nostre barche è stata danneggiata durante l' offensiva israeliana "Operazione Pilastro di Difesa" nel novembre 2012, non possimo aggiustarla e dobbiamo comprare nuove reti", ci ha detto Mahmoud, un altro pescatore presente durante l'incontro.

Background
Israele ha progressivamente imposto restrizioni ai pescatori palestinesi sull'accesso al mare. Le 20 miglia nautiche stabilite sotto gli accordi di Jericho nel 1994 tra Israele e l'Organizzazione di Liberazione della Palestina  (OLP), sono state ridotte a 12 miglia sotto l'Accordo Bertini nel 2002. Nel 2006, l'area acconsentita alla pesca è stata ridotta a 6 miglia nautiche dalla costa. A seguito della offensiva militare israeliana "Piombo Fuso" (2008-2009) Israele ha imposto un limite di 3 miglia nautiche dalla costa, impedendo ai palestinesi l'accesso all' 85% delle acque a cui hanno diritto secondo gli accordi di Jericho del 1994.
Gli accordi raggiunti tra Israele e la resistenza palestinese dopo l'offensiva militare israeliana di novembre 2012, "Pilastro di Difesa", hanno acconsentio ai pescatori di Gaza di raggiungere nuovamente le 6 miglia nautiche dalla costa. Nonostante questi accordi, la marina militare israeliana non ha cessato gli attacchi contro i pescatori di Gaza, anche all'interno di questo limite. A Marzo 2013, Israele ha imposto nuovamente un limite di 3 miglia nautiche dalla costa, affermando che tale decisione era stata presa a seguito dell'invio di alcuni razzi palestinesi verso il sul di Israele. Mercoledi' 22 maggio, le autorità militari israeliane hanno diffuso attraverso alcuni media la decisione di estendere nuovamente il limite a 6 miglia nautiche dalla costa.


Yousef Amin Abo Warda, 18 anni (photo by Rosa Schiano)



venerdì 10 gennaio 2014

Mercoledi 8 gennaio, Mohammed Khader Al Sultan, pescatore palestinese di 27 anni, era stato arrestato dalla marina militare israeliana mentre pescava nelle acque di Gaza con i sue due fratelli Hamdi ed Ahmad su una piccola imbarcazione a motore chiamata "hasaka".
Mohammed è stato rilasciato la sera dello stesso giorno dalle autorità israeliane.

Siamo andati ad incontrarlo nella sua abitazione in Beit Lahia, nel nord della Striscia di Gaza.
"Eravamo andati a pescare verso le 6 del mattino. Verso le 8.40 due motoscafi israeliani si sono avvicinati alla nostra barca ed i soldati hanno iniziato a sparare in acqua", ci ha raccontato Mohammed.
I tre fratelli pescatori si trovavano a meno di un miglio nautico dalla costa di Soudanya, nel nord di Gaza. 

I soldati israeliani hanno gridato loro di fermare il motore e si sono avvicinati alla parte frontale della barca.
'Fermate il motore, avvicinatevi, alzate le mani', hanno gridato ai pescatori. 
"Poi ci hanno chiesto di tuffarci in acqua. Ho detto loro che mio fratello era troppo giovane, non poteva nuotare. Mi sono spogliato e mi sono tuffato in acqua. I soldati mi hanno poi tirato a bordo del motoscafo. Uno dei soldati mi ha chiesto degli altri due pescatori. Gli ho risposto che quello giovane non poteva nuotare e l'altro era malato ed avrebbe rischiato la morte. 'Lascerò andare a casa i tuoi fratelli e prenderò te', mi ha detto".
I soldati gli hanno dato dei vestiti. Sul motoscafo i soldati hanno costretto poi Mohammed a tuffarsi di nuovo ed a nuotare fino a raggiungere una grande nave israeliana che si trovava a circa 90 metri di distanza. 
A bordo della nave, i soldati l'hanno bendato, l'hanno vestito, hanno ammanettato le sue mani ed i suoi piedi. "Poi non ho visto più cosa succedeva, non vedevo più nulla", ci ha detto Mohammed. Nel porto israeliano di Ashdod i soldati hanno smanettato i suoi piedi e l'hanno sbendato. Successivamente Mohammed è stato interrogato. Durante l'interrogatorio, i soldati hanno di nuovo ammanettato i suoi piedi e le sue mani.
C'erano due persone, una persona parlava arabo e l'altra parlava ebraico. Gli investigatori hanno chiesto a Mohammed il suo nome, la sua età, il suo numero di telefono, dettagli personali sui suoi fratelli e la sua famiglia ed altre informazioni personali. Successivamente lo hanno incappucciato e l' hanno lasciato in una stanza da solo per circa un'ora e mezza. "Poi sono venuti 5 soldati di cui uno parlava arabo. Mi ha detto 'Ti mostro delle foto e tu dimmi cosa vedi'. Mi ha chiesto in quale zona della spiaggia lavoro, lui mi mostrava immagini della spiaggia. Di ogni zona della spiaggia hanno delle foto. 'Seleziona una delle foto', mi ha detto. Gli ho mostrato una delle immagini della spiaggia in cui lavoro. L'investigatore mi ha chiesto di indicare un sito governativo vicino la spiaggia e mi ha chiesto quante persone ci lavorano. 'Non lo so, non conosco nessuno che lavora lì ', gli ho detto. Allora lui mi ha chiesto come fosse possibile che io non conoscessi nessuno se mi devo recare lì per prendere il mio permesso per lavorare come pescatore. Gli ho detto che conosco solo due persone che sono venute sulla spiaggia al di fuori del sito governativo. Poi l'investigatore mi ha chiesto di un altro sito governativo della protezione civile. Mi ha chiesto se i poliziotti lì avessero armi. Gli ho detto che non sapevo, che alcuni le hanno ed altri no. Infine il soldato mi ha detto 'Grazie per il tuo aiuto." C'era un filo di ironia nell'ultima parte del racconto di Mohammed. Il tutto, dall'arresto all'interrogatorio, sembra un paradosso, il tutto è assolutamente umanamente inaccettabile. "Successivamente mi hanno forzato a parlare con una persona al telefono che mi ha chiesto di nuovo il mio nome, informazioni personali, il numero della mia carta di identità. Mi hanno lasciato solo per due ore. Poi i soldati sono tornati con un foglio su cui era scritto in ebraico. Mi hanno tolto il cappuccio e mi hanno fatto indossare dei bei vestiti. Mi hanno chiesto di tenere il foglio in mano e mi hanno scattato una foto".
Non sappiamo cosa ci fosse scritto su quel foglio. Secondo un altro pescatore presente nel nostro incontro, si tratterebbe di un report medico sulle condizioni di salute che gli israeliani possono utilizzare nelle cause contro di loro in tribunale. Le umiliazioni sono proseguite. "Hanno coperto il mio viso di nuovo e mi hanno lasciato così un paio di ore,mi hanno messo manette di plastica e mi hanno fatto spogliare. Un soldato mi ha chiesto di alzarmi e di sedermi per tre volte. Poi mi hanno fatto indossare di nuovo i vestiti. Mi hanno ammanettato, incappucciato e portato con una macchina al valico di Erez. Erano circa le 18.10", ci ha raccontato Mohammed.

Mohammed è sposato, ha una figlia di 2 anni ed un bambino di 4 anni. Vive in una piccola abitazione di due stanze, in attesa di muoversi presso una nuova abitazione in costruzione. "A causa dell'assedio mancano i materiali da costruzione", ci ha detto un suo parente.
La pesca è per loro, come per centinaia di famiglie palestinesi, l'unica fonte di sussistenza. 

Appare chiaro che attraverso questi attacchi le forze militari israeliane stiano restingendo sempre di più l'area acconsentita alla pesca  impedendo ai pescatori di accedere alle acque a nord della Striscia di Gaza. Il limite reale imposto da Israele sulle acque a nord di Gaza non è di 6 miglia nautiche dalla costa ma di 1-2 miglia nautiche. 

Inoltre appare chiaro che attraverso questi arresti, o meglio dire rapimenti, dei pescatori palestinesi da parte delle forze israeliane di occupazione, le autorità israeliane cercano di ottenere informazioni su persone e luoghi della Striscia di Gaza cercando in tutti i modi di trovare dei collaborazionisti.


Background
Israele ha progressivamente imposto restrizioni ai pescatori palestinesi sull'accesso al mare. Le 20 miglia nautiche stabilite sotto gli accordi di Jericho nel 1994 tra Israele e l'Organizzazione di Liberazione della Palestina  (OLP), sono state ridotte a 12 miglia sotto l'Accordo Bertini nel 2002. Nel 2006, l'area acconsentita alla pesca è stata ridotta a 6 miglia nautiche dalla costa. A seguito della offensiva militare israeliana "Piombo Fuso" (2008-2009) Israele ha imposto un limite di 3 miglia nautiche dalla costa, impedendo ai palestinesi l'accesso all' 85% delle acque a cui hanno diritto secondo gli accordi di Jericho del 1994.
Gli accordi raggiunti tra Israele e la resistenza palestinese dopo l'offensiva militare israeliana di novembre 2012, "Pilastro di Difesa", hanno acconsentio ai pescatori di Gaza di raggiungere nuovamente le 6 miglia nautiche dalla costa. Nonostante questi accordi, la marina militare israeliana non ha cessato gli attacchi contro i pescatori di Gaza, anche all'interno di questo limite. A Marzo 2013, Israele ha imposto nuovamente un limite di 3 miglia nautiche dalla costa, affermando che tale decisione era stata presa a seguito dell'invio di alcuni razzi palestinesi verso il sul di Israele. Mercoledi' 22 maggio, le autorità militari israeliane hanno diffuso attraverso alcuni media la decisione di estendere nuovamente il limite a 6 miglia nautiche dalla costa.




Mohammed Khader Al Sultan con i suoi fratelli Hamdi ed Ahmad

sabato 4 gennaio 2014

Adnan Abu Khater, di anni 17, era rimasto ferito il pomeriggio di giovedì 2 gennaio dal fuoco dell'esercito israeliano lungo il confine ad est di Jabalia, nel nord di Gaza. Era stato trasportato all'ospedale Kamal Odwan in condizioni critiche. Dal Kamal Odwan hospital è stato trasferito allo Shifa hospital in Gaza city per essere operato. Data la gravità delle sue condizioni e l'impossibilità di curarlo nella Striscia per mancanza di attrezzature, è stato chiesto il coordinamento per l\attraversamento del valico di Erez ed il ricovero in un ospedale israeliano. Purtroppo, durante il percorso, il giovane è morto, all'altezza del valico di Erez. 
In ospedale abbiamo incontrato uno dei fratelli del giovane deceduto ai quali i dottori stavano ingessando un braccio. L'uomo era visibilmente scioccato. Abbiamo preferito di visitare la famiglia del giovane nei prossimi giorni.

Ieri 3 gennario, mentre ci trovavamo in ospedale per parlare con i dottori, un altro giovane veniva ferito nella stessa area lungo il confine ad est di Jabalia. Il giovane è stato trasportato in ospedale. Il suo nome è Khaled Ibrahim Owda, di anni 21. Il proiettile l'ha colpito alla gamba destra. Il giovane ci ha detto che stava pregando con altre persone presso il cimitero di Jabalia quando i soldati israeliani hanno aperto il fuoco. L'ambulanza non ha potuto raggiungere il posto. Il giovane è stato trasportato su un "tuk tuk" fino a raggiungere l'ambulanza. Le sue condizioni sono buone e la ferita è leggera.

Abbiamo successivamente lasciato l'ospedale, ma mentre eravamo in auto, abbiamo ricevuto una chiamata che ci ha avvisati che un altro ferito era appena giunto in ospedale. Velocemente siamo tornati verso l'ospedale.

Thaer Mohammed Rabaa, di anni 25, era rimasto ferito dal fuoco dell'esercito israeliano nello stesso posto dei casi precedenti, lungo il confine ad est di Jabalia. Il proiettile ha colpito Thaer al fianco sinistro. Il proeittile è entrato ed uscito. Gli infermieri ci hanno detto che le sue condizioni sono stabili. Fuori la sala in cui era stato ricoverato vi erano una decina di parenti e sua madre visibilmente scioccata. 
Alcuni parenti ci hanno detto che i ragazzi stavano lanciando pietre contro i soldati, come usano fare ogni venerdì. Ed infatti, sono molti i giovani che rimangono feriti o uccisi dall'esercito il venerdi pomeriggio lungo il confine. "Stavano gareggiando a chi si avvicinava di più alla barriera di separazione", ci ha detto un parente di Thaer. Purtroppo le forze israeliane sparano indiscriminatamente su questi giovani presi dal desiderio di sfidare l'occupazione militare.
Oggi siamo tornati in ospedale per visitare Thaer. Ci ha detto che si trovava in terreno accanto al cimitero ad est di Jabalia, a circa 300 metri di distanza dalla barriera di separazione. Ci ha detto che i soldati israeliani hanno raggiunto il confine con una jeep ed hanno aperto il fuoco sui giovani. Thaer ci ha anche detto che alcuni soldati stavano lanciando gas lacrimogeni ad un gruppo di ragazzi che lanciavano pietre. 

Sempre all'alba di ieri 3 gennaio l'aviazione militare israeliana aveva condotto diverse incursioni aeree colpendo terreni agricoli in diversi punti della Striscia. Le autorità israeliane avevano anche inspiegabilmente chiuso alla stampa il valico di Erez.

Thaer Mohammed Rabaa, 25 anni


la ferita da arma da fuoco sul fianco sinistro di Thaer Mohammed Rabaa, 25 anni

Khaled Ibrahim Owda, 21 anni