sabato 26 novembre 2011

Si è tenuta giovedì' 24 novembre la sesta udienza del processo per l'assassinio di Vittorio Arrigoni.
Abbiamo dovuto attendere lo svolgimento di altri procedimenti prima del nostro, che, ultimo, è iniziato verso le ore 13.20
In gabbia erano presenti quattro imputati, in sala alcuni loro conoscenti e familiari.
L'udienza è durata cinque minuti ed è stata rinviata al prossimo 5 dicembre.
Il motivo del rinvio è l'assenza dei testimoni che, presenti in aula in mattinata, sono dovuti andar via per motivi di lavoro in quanto l'udienza è stata ritardata.




giovedì 24 novembre 2011

Farming action in Kuza'a

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Mercoledì mattina noi dell' International Solidarity Movement insieme al Beit Hanoun Local Initiative abbiamo accompagnato i contadini nel proprio lavoro in Khuza'a, un villaggio a sud della Striscia di Gaza.
Essendo una zona vicina al confine, i soldati israeliani spesso sparano sui contadini, impedendo quindi loro di coltivare la terra a cui hanno diritto.
La farming action è andata bene, a fine giornata i soldati hanno sparato dei colpi in aria per spaventare i contadini.


sabato 12 novembre 2011


Restiamo Umani. Queste le parole con cui Vittorio Arrigoni usava concludere i suoi reports da Gaza. Questa canzone è dedicata ai suoi coraggiosi discorsi, alla grandezza di un uomo che mai ha smesso di lottare per la pace e la giustizia.

Stay human. These are the words with which Vittorio Arrigoni used to conclude his reports from Gaza. This song is dedicated to his corageous speeches, to the greatness of a man who never stopped fighting for truth and justice.







Traduco questo interessante articolo di Amal
9 Novembre 2011 | International Solidarity Movement, West Bank

Negli ultimi tre anni Burin ha subito una maggiore violenza da parte dei coloni. Questo piccolo villaggio di circa 3.000 persone è sotto costante minaccia degli attacchi dei coloni o delle molestie dell'esercito israeliano. Tre insediamenti circondano Burin: Yitzar, Bracha, e Givt Arousa.
I residenti di questi insediamenti illegali affermano che faranno qualsiasi cosa per forzare i Palestinesi a lasciare le proprie case. I loro atti criminali vanno dal bruciare gli alberi di olivo, al lanciare sassi ai contadini e sparare ai Palestinesi.

La gente di Burin ha già perso più di 2.000 alberi di olivo dal mese di aprile a causa degli incendi dei coloni. Al fine di assicurarsi che gli alberi siano distrutti, i coloni variano i loro attacchi secondo il momento della giornata per rendere i loro volenti crimini meno visibili.
L'incendio degli alberi è di solito fatto durante il giorno, mentre il tagliare gli alberi viene di solito fatto di notte. Durante i mesi più caldi, la maggior parte delle volte i coloni bruciano alberi perché sanno che il fuoco si propagherà rapidamente a causa del caldo.
Le persone di Burin osservano e si aspettano sempre accada un prossimo inevitabile crimine.

Non c'è stato un singolo attacco di coloni su Burin da più di un mese, cosa che è davvero insolita. L'ultimo periodo senza attacchi era durato 60 giorni. Questo periodo "pacifico" fu rotto con una giornata piena di violenze da parte dei coloni. Le persone si aspettano il prossimo attacco. Non sanno quando, ma accadrà.
Oltre ad aspettarsi il prossimo attacco, stanno ancora aspettando che il tribunale israeliano decreti se a Burin una moschea debba essere demolita per disturbo della quiete pubblica negli insediamenti durante l'appello alla preghiera. L'aria a Burin è piena di ansia per ciò che avverrà nel vicino futuro.

Burin oggi cammina ancora a testa alta e resiste nonostante i tanti ostacoli che soffocano la vita quotidiana nel villaggio.




Originale in inglese sul sito dell'International Solidarity Movement: http://palsolidarity.org/2011/11/in-photos-burin-withstands-settler-violence/

venerdì 11 novembre 2011

Commemorazione in Beit Hanoun

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Articolo di Nathan Stuckey

9 Novembre 2011 | International Solidarity Movement

E'martedì, il terzo giorno dell' Eid, l'Eid del Sacrificio. Noi, il Beit Hanoun Local Initiative e l'International Solidarity Movement, ci siamo riuniti vicino i resti bombardati del Beit Hanoun Agricultural College come facciamo ogni martedì in preparazione alla nostra marcia nella zona interdetta all'accesso.
Tuttavia questo martedì è stato differente, non ci siamo riuniti sulla strada che porta a quella zona, ma dietro gli edifici bombardati del College.
Come nella maggior parte della Palestina, la storia è densamente presente, ogni posto ha una storia, oggi, noi dovremmo imparare la storia di questa piccola zona.
Oggi sono 5 anni dall'anniversario del massacro di Beit Hanoun. Davanti a noi, giaciono i sepolcri delle vittime.

L'8 novembre del 2006, alle 6:00 del mattino l'esercito israeliano inizia un bombardamento su Beit Hanoun. Le granate sono lanciate sulle case delle famiglie A'athamnah e Kafarnah. Non solo una granata, il bombardamento è continuato per 15 minuti. Una serie dopo un'altra si abbateva sulle loro case. Diciannove persone furono uccise, nove bambini, quattro donne e sei uomini. Il più piccolo un bambino di un paio di mesi, la vittima più anziana una donna di 73 anni. Altre 40 persone furono rimaste ferite. Erano civili, l'esercito israeiano nemmeno si è preoccupato di assicurare che fossero armati; stavano dormendo nei loro letti.

I sepolcri sono proprio accanto alla strada, proprio dietro l'Agrocultural College. Sono grandi; ognuno di essi contiene molti corpi, grandi lastre grigie di cemento con nomi e preghiere iscritti su di essi. Abu Issa, del Beit Hanoun Local Initiative parla; prega per i morti e ci chiede di ricordare il passato.
Questo massacro rappresenta appena il passato; è quasi il presente, anche se dimenticato in tante parti del mondo. Le sue parole terminano, come devono, sul presente, "noi non abbiamo chiesto l'occupazione, abbiamo sempre vissuto qui, lei è venuta da noi, ma non possiamo accettarlo, dobbiamo continuare a lottare fino a quando l'occupazione finirà." Poniamo una corona di fiori vicino la prima tomba.

Camminiamo lentamente vicino la fila dei sepolcri; Abu Issa ci legge i nomi dei morti. Raggiungiamo la tomba di Maisa, sei anni. Non è mia figlia, è la mia studentessa di inglese. Il suo nome è Maisa Samouni. Ventinove membri della sua estesa famiglia furono uccisi nello stesso modo dall'esercito israeliano, ammassati in una casa dai soldati, e poi la casa fu bombardata dalle Forse di Difesa Israeliane.
Mi chiedo come Maisa sarebbe oggi, sarebbe così piccola e gentile e bellissima come la mia Maisa?
Come terminammo la fila dei sepolcri tornammo a quelli che erano stati distrutti, distrutti dai bulldozers Israeliani in invasioni successive di Gaza.

Ci allontaniamo dai sepolcri e ci voltiamo verso il confine. Alle torri di cemento che lo fiancheggiano, è pieno di cecchini e pistole comandate da computer che uccidono quando vogliono. Abu Issa inizia a parlarci dell'area che vediamo davanti a noi. Era qui che gli uomini di Beit Hanoun furono imprigionati durante la prima settimana di novembre del 2006. Le forze israeliane invasero Beit Hanoun; tutti i maschi di età compresa fra i 16 e 60 anni furono raggruppati e portati qui. Per sei giorni dormirono all'aperto, al freddo, mentre l'esercito israeliano li prendeva per interrogarli. 53 persone furono uccise ed altre 200 ferite durante l'invasione. Il giorno dopo le forze israeliane si ritirarono; spararono granate che avrebbero ucciso altre 19 persone, incluso Maisa.

Dopo la commemorazione, ci siamo accalcati sul furgoncino e siamo andati ad est di Beit Hanoun a visitare la famiglia Jareema. La famiglia Jareema è una famiglia beduina che vive proprio vicino la zona interdetta all'accesso. Non hanno sempre vissuto lì, hanno inziato ad abitarci nel 1948, ma furono espulsi dai sionisti durante la Nakba, loro ed altri 750,000 palestinesi. Si stabilirono in Gaza. Vivevano proprio vicino il confine, le loro case erano a 50 metri dal confine. Poi, gli israeliani decisero di imporre la buffer zone a Gaza, la famiglia ricevette la notizia che dovevano spostarsi. Non ci fu un appello. I bulldozer israeliani vennero e distrussero le loro case. Distrussero i recinti degli animali. Distrussero le piantagioni di alberi che prosperavano nella zona vietata.

Ora, la famiglia vive in un agglomerato di tende e baracche a circa 500 metri dal confine. Come guardate verso il confine vedete una torre grigia particolarmente grande, è da questa torre che gli israeliani sparano loro.
Loro non sanno dove andare, così continuano a vivere qui, sopravvivendo come meglio possono sulla terra che Israele non ha preso. Portiamo loro dei dolci per celebrare l'Eid, loro ci servono tè e pane appena fatto.
Ci chiedono di rimanere per il pranzo, ma dobbiamo andare, c'è un matrimonio in Beit Hanoun. La vita continua. Prego che i bambini di questa nuova coppia crescano in un mondo giusto, in una Palestina libera. Questo è quello per cui lottiamo.