lunedì 21 maggio 2012

Domenica 20 maggio 2012 un soldato israeliano ha sparato ad un contadino nella sua terra in Al-Qarara, nord est di Khan Younis, a sud della Striscia di Gaza.
Waheed Ali Zer, 22 anni, è stato colpito alla sua gamba sinistra.
Siamo andati a visitare la sua famiglia, mentre Waheed si trova ancora ricoverato al Nasser hospital in Khan Younis.

Suo fratello Mohammed inizia a raccontarci quello che è successo: "Dopo essere stato colpito, Waheed ha iniziato a camminare a carponi ed è stato poi portato al pronto soccorso. Io mi trovavo all'università". Mohamed studia matematica all'Al-Aqsa University e vorrebbe fare il dottorato.
Waheed ha 3 fratelli e 7 sorelle, 3 delle quali sposate.

Lo zio di Waheed ci dice che i soldati israeliani sparano ad ogni ora.
La loro terra si trova a circa 500 metri dal confine con Israele.
"Qui ci troviamo nella zona di Kussufim, carroarmati e bulldozer entrano spesso nell'area -continua lo zio di Wahhed - Prima, fino a tre anni fa, c'erano alberi, tanti alberi di olivo, è stato tutto distrutto dai bulldozers.
Anche qui, dove ci troviamo, una casa è stata demolita da un bulldozer. Se non ci sono i carrarmati e i bulldozer, i soldati israeliani sparano dalle torri".

Mohammed ci dice che Waheed stava andando a prendere il suo asino quando ha visto arrivare una jeep. Allora Mohammed è tornato indietro verso la tenda accanto alla sua abitazione. Un soldato è sceso dalla jeep e gli ha sparato con il fucile da dietro una piccola collina.
Non ci sono stati spari di avvertimento, nessun proiettile in aria. Nessun preavviso.
Un solo proiettile, diretto a Waheed.
"Mio padre ha preso Waheed in braccio mentre mia mamma piangeva", racconta un fratello di Waheed.

Ci addentriamo nella terra dove Waheed è stato ferito. Lì la sua famiglia coltiva arance, melanzane, grano, ci sono anche degli alberi di olivo.
"Le nostre case sono molto semplici, non c'è possibilità di proteggersi." ci dice lo zio di Mohammed. "Anche le piante, anche gli alberi hanno paura degli israeliani, figuratevi noi!", esclama Mohammed.

Guardo ancora la terra. Noto la vicinanza delle torri. Una torre è particolarmente vicina, quella in cui si trova una mitragliatrice automatica.
Una zia di Waheed mi si avvicina, "La nostra vita è molto difficile, per questo le persone a volte si avvicinano al confine per raccogliere quanto più possono".
La famiglia di Waheed è originaria di Be'er Sheva. Anche loro, rifugiati come tanti, dopo che Israele ha cacciato migliaia di palestinesi dalle proprie terre proclamando il suo Stato.

Ci rechiamo al Nasser hospital in Khan Younis per incotrare Waheed.
La sua gamba sinistra è avvolta da una fasciatura macchiata di sangue ed il lenzuolo a sua volta è macchiato di sangue e liquido.
Il suo viso è sofferente. E'stato operato in anestesia totale.
Il proiettile gli ha perforato le vene ed un nervo.
"Avevo comprato un asino - inizia a dirci Waheed - e stavo andando a prenderlo nella mia terra quando ho visto una jeep arrivare. Un soldato è sceso e mi ha sparato.
Sono caduto a terra, mi sentivo la testa girare. Il proiettile è entrato da un lato ed è uscito dall'altro. Ho camminato a carponi, mio padre mi ha preso e l'ambulanza è arrivata dopo molto tempo".

Gli chiedo se vuole lasciare un messaggio alla comunità internazionale. "Chiedo loro solidarietà verso il popolo palestinese, chiedo loro di fermare l'attacco israeliano".

Durante la nostra visita in ospedale arrivano parenti ed amici di Waheed. Una persona gli porta del cibo. Waheed sorride a chi gli rende visita ma i suoi occhi non nascondono la sua sofferenza. Una tenda di cotone lo separa dagli altri letti della stanza affollata dell'ospedale.
Un infermiere arriva dicendoci di uscire perché il tempo delle visite è finito.
Lacio Waheed con la promessa di tornare a fargli visita nella sua abitazione.
Torneremo nella loro zona come presenza internazionale accanto ai contadini, nel silenzio della comunità internazionale su questi continui crimini contro civili inermi nella Striscia di Gaza.


21 maggio 2012
Gaza



Waheed Ali Zer, 22 anni



la gamba fasciata



il reperto rilasciato dall'ospedale


la tenda davanti alla quale si trovava Waheed quando è stato colpito


il confine visto dalla terra della famiglia di Waheed


il confine ed una torre visti dalla terra della famiglia di Waheed

venerdì 18 maggio 2012

Nella mattinata di ieri vi sono state numerose incursioni di carroarmati israeliani nella zona di Beit Lahia, a nord di Gaza.
Ulteriori incursioni si sono verificate nell'area di Shijaia, ad est di Gaza city.

I fratelli Ibrahim Ismael Abo Sultan, 19 anni, Yehya Ismael Abo Sultan, 16 anni, Mohammed Hesham Abo Sultan, 20 anni, stavano lavorando con i contadini in Beit Lahia quando i carroarmati israeliani hanno aperto il fuoco.

Ibrahim inizia a raccontarci quello che è avvenuto.
I tre fratelli stavano raccogliendo patate insieme ai contadini di Beit Lahia in una terra a pochi metri dal confine con Israele. I soldati israeliani hanno iniziato a sparare. Tutti si sono stesi sul terreno per evitare di essere colpiti dai proiettili. Gli spari si sono susseguiti per circa 3 ore.
Successivamente, l' International Commitee of the Red Cross è intervenuta per comunicare con le autorità israeliane. 
I soldati israeliani hanno risposto loro dicendo "Questi lavoratori devono lasciare l'area, entro un'ora devono finire di lavorare o verranno uccisi".
Così, dopo circa un'ora, i contadini hanno lasciato l'area.
Durante gli spari una persona è rimasta ferita.

I contadini non si aspettavano un attacco di questo tipo, non vi erano stati segnali di allarme, se non la presenza, "normale" per la gente di Gaza, di 2 bulldozer, 2 carroarmati ed una jeep.
"Noi non abbiamo nessun altra fonte di guadagno", continua Ibrahim - abbiamo bisogno di lavorare nella terra".
Il fratello piccolo, Yehya, 16 anni, interviene dicendo "Ci siamo spostati strisciando a terra fra le piantagioni di patate fino a raggiungere un piccola collina per nasconderci ed essere al riparo dai proiettili".

Le incursioni di carroarmati e bulldozer israeliani sono frequenti nella Striscia di Gaza, quasi quotidiane.
Nelle terre che delimitano il confine con Israele i contadini sono soggetti ad attacchi continui da parte dei soldati israeliani che impediscono loro di coltivare la terra.

18 maggio 2012
Gaza



Ibrahim Ismael Abo Sultan, 19 anni



Yehya Ismael Abo Sultan, 16 anni


Nella settimana compresa tra il 29 aprile e il 5 maggio otto pescatori sono stati arrestati dalla marina israliana nelle acque di Gaza.

Sabato 5 maggio, verso le 8.30 del mattino, Mohammed Mahi Eldeen Baker, 72 anni, e suo figlio Mohammed Mahi Eldeen Baker, 18 anni, stavano pescando nelle acqua di Gaza a circa 2,5 miglia dalla costa di fronte Soudania (nord Gaza city) quando una nave della marina israeliana si è avvicinata alla loro piccola imbarcazione.
I soldati israeliani con il microfono hanno ordinato loro di posizinarsi di fronte la nave della marina e di tenere le mani alzate.
"Sono un uomo anziano", ha gridato loro Mohammed. Ma i soldati non ne hanno tenuto conto.
Poi è arrivata un'altra nave della marina.
Mohammed ha gridato ai soldati "Ci troviamo nell'area consentita".
L'area consentita è quella interna al limite delle tre miglia nautiche dalla costa, limite imposto
unitelarmente ed illegalmente da Israele. I pescatori sono rimasti circa un'ora in quella posizione.
Poi i soldati israeliani hanno chiesto loro di togliersi i vestiti, di tuffarsi in acqua e di nuotare fino alla nave della marina israeliana. Una volta saliti sulla nave della marina, i soldati hanno hanno dato loro dei vestiti, hanno legato loro le mani dietro la schiena e li hanno incappucciati.
Arrivati al porto di Ashdod, in Israele, i soldati li hanno condotti al controllo medico. "Avevo la pressione alta, stavo morendo. Mi hanno portato in una piccola clinica", continua  Mohammed. Dopo il controllo medico, i pescatori sono stati portati in una piccola sala e sono stati interrogati. Sono state poste a Mohammed molte domande, ma Mohammed ha risposto sempre "Non lo so". Le domande riguardavano informazioni sul porto di Gaza.
I soldati hanno perquisito nuovamente i due pescatori ed hanno legato loro le mani con manette di metallo, poi li hanno trasportati ad Erez.
Quando hanno raggiunto Erez, i soldati hanno consegnato loro delle piccole mappe della costa di Gaza su cui erano indicati i limiti imposti da Israele entro cui i pescatori di Gaza possono pescare, ed hanno detto loro di consegnarle ai pescatori per far conoscere loro i limiti esatti. Raggiunto l'ufficio palestinese, la polizia ha ritirato le mappe dicendo loro che si sarebbe occupata della loro distribuzione.

I soldati israeliani hanno confiscato la barca dei due pescatori.
Mohammed deve ancora finire di pagare il suo debito per l'acquisto del motore della sua barca, anche se il motore non gli verrà mai restituito da Israele. Il motore costa 5.000 dollari; Mohammed aveva pagato 1.000 dollari, il suo debito ora ammonta a 4000 dollari.
Inoltre anche tutto l'equipaggiamento è andato perso e gli oggetti personali.
Mohammed non ha altre fonti di guadagno. Non sa come pagare il suo debito per il motore che non c'è più. La persona a cui deve pagare il debito si è rivolta alla polizia. La polizia ha ordinato a Mohammed di versare ogni mese 800 shekels (circa 220 dollari) per saldare il debito. Ma Mohammed non ha introiti avendo perso la barca, l'unica sua fonte di guadagno.

Mohammed deve anche pagare alla sua municipalità una bolletta di 11.000 shekels. Ha rivevuto un avviso in cui si dice che se non paga quanto deve rischierà la prigione.
Mohammed è preoccupato, non sa come pagare il debito per il motore che non avrà più e non sa come pagare la bolletta.

14 persone della sua famiglia dipendevano da quella barca. Sua figlia con il marito ed i figli vive nella sua stessa abitazione.

Suo nipote Mohammed Mansour Baker, 20 anni, era stato ucciso dai soldati della marina israeliana nel settembre 2010. Un proiettile gli ha tolto la vita mentre pescava nelle acque di Gaza.

Saluto Mohammed provando un enorme senso di impotenza mentre mi guarda i suoi occhi esprimono una richiesta di aiuto.

Domenica 29 aprile altri 6 pescatori sono stati arrestati dalla marina israeliana.
Belal Ismail El-Shrafi, 22 anni, stava pescando su una piccola imbarcazione con i suoi tre fratelli, Amjad Ismail El-Shrafi, Ashraf Ismail El-Shrafi, Ahmed Ismail El-Shrafi, un cugino,
Yasser Mohammed El-Shrafi, ed un parente egiziano, Saadat Abd El-Mooty Hasaneen.
Si trovavano a 2,5 miglia dalla costa verso el 9.30 del mattino quando hanno visto la marina israeliana arrivare ed iniziare a sparare.
I sei pescatori hanno iniziato a scappare, la marina israeliana ha continuato a sparare attorno alla loro barca, poi i soldati, per fermarli, hanno sparato al motore. Il motore della loro barca così ha smesso di funzionare.
I soldati hanno chiesto loro di togliersi i vestiti, di tuffarsi in acqua e nuotare fino alle navi della marina.
La marina israeliana ha arrestato i 6 pescatori e li ha portati ad Ashdod. Arrivati
al porto di Ashdod, li hanno condotti in una piccola stanza dove li hanno trattenuti per quattro ore. Sono stati poi trasportati ad Erez e sottoposti all'interrogatorio.
Durante l'interrogatorio sono state poste a Belal informazioni personali, informazioni sui suoi fratelli e sorelle e sugli altri altri familiari, indirizzo, informazioni sul vicinato.
Belal ha detto loro che non avevano superato il limite delle tre miglia nautiche dalla costa. Una delle persone che lo interrogava gli ha risposto "Noi sappiamo che non avete superato il limite delle tre miglia, ma il limite reale si trova ad un chilometro dal limite nord" (cioè il limite nord verso Ashdod).
I pescatori palestiesi non sanno di questo limite "reale".
Belal ha chiesto il perché di questo limite. Gli israeliani gli hanno risposto che è una misura anti attacco, perché temono che la resistenza palestinese possa lanciare missili dalle barche dei pescatori.
Quando Belal mi ha comunicato la risposta degli israeliani, abbiamo sorriso insieme. Un sorriso amaro e triste. Personalmente, conoscendo le barche dei pescatori, la motivazione israeliana rasenta il ridicolo e non è altro che una scusa in più per togliere utleriormente tratti di mare ai pescatori di Gaza.
"Prima il limite era di 20 miglia, poi di 12, poi di 6, ora di 3 miglia, e loro sperano di ridurre ulteriormente questo limite", continua Belal.
Gli sono state anche chieste informazioni sui luoghi dove opera la resistenza palestinese.
L'interrogatorio è durato cinque ore per tutti i pescatori, interrogati separatamente in diverse stanze. Poi tutti sono potuti tornare a Gaza, tranne il pescatore egiziano che è stato trattenuto.
La loro barca si trova al porto di Ashdod e le loro cose personali sono statte trattenute dai soldati. Belal aveva un cellulare e 200 shekels. Suo fratello Amgiad aveva con sé un cellulare, il permesso per guidare la barca, il Gps. Il secondo fratello, Ashraf, aveva un cellulare, la patente
di guida e 120 shekels. Ahmad aveva co sé un cellulare, il permesso per guidare la barca, ed infine Yousef (il cugino) aveva un cellulare. Saadat, il pescatore egiziano aveva un cellulare, il passaporto egiziano, 2000 pounds egiziani, la patente di guida. Saadat era arrivato a Gaza attraverso i tunnels perché agli egiziani non è permesso entrare a Gaza.
I soldati israeliani hanno rilasciato Saadat il giorno dopo attraverso il valico di Kerem Shalom. Gli israeliani hanno dato alle autorità egiziane un documento in cui veniva comunicato che Saadat era entrato a Gaza illegalmente e che stava tentando un attentato  in Israele autoesplodendosi. Ecco l'assurdità e la cattiveria di simili menzogne.
Saadat è in Egitto ed è stato condannato a 6 mesi di prigione, è in attesa della sentenza finale.

Ogni settimana almeno un paio di  pescatori vengono arrestati dalla marina israeliana, e le loro barche vengono confiscate.
Quasi quotidianamente le navi della marina israeliana attaccano i pescatori per impedire loro di pescare.
A causa di queste aggressioni il numero dei pescatori è andato dimunuendo nel corso degli ultimi anni. Le acque interne al limite delle 3 miglia nautiche imposte unitelarmente da Israele sono ormai povere di pesci. I pescatori non riescono più ad autosostenersi.
Continue violazioni dei diritti umani nel silenzio della comunità internazionale.




Mohammed Mahi Eldeen Baker, 72 anni