mercoledì 19 marzo 2014

I pescatori Jihad Aby Ryala (23 anni) e Shabaan Aby Ryala (33 anni) - foto di Rosa Schiano


Martedì 11 marzo, la marina militare israeliana ha arrestato due pescatori palestinesi e confiscato la loro barca da pesca a circa 3 miglia nautiche dalla costa di Gaza. 

I due cugini, Shabaab Abu Ryala, 33 anni, Jihad Abu Ryala, 24 anni, del campo rifugiati di Shati, erano andati a pescare verso le 7 del mattino. Jihad ci ha detto che "Verso le 14.00, due navi militari israeliane si sono avvicinate alla nostra barca ed i soldati hanno iniziato a sparare. Eravamo a circa 4 miglia dalla costa. Abbiamo cercato di scappare. I soldati hanno sparato sulla nostra barca e sul motore, stavamo per affondare. La nostra barca era distrutta".
I pescatori avevano cercato di scappare e stavano tornando verso la costa quando sono stati arrestati a circa 2 miglia e mezzo dalla costa. 

VIDEO
Avevamo visto il loro arresto "in diretta" da un edificio di Gaza city, assistendo impotenti al loro rapimento. Ho girato questo video in cui si vedono le due navi della marina militare israeliana trainare la piccola barca dei due pescatori dopo averli arrestati 





Jihad ci ha detto: "Un soldato mi ha ordinato di andare sulla parte anteriore della barca e di togliermi i vestiti, di tuffarmi e di salire a bordo della loro nave, che si trovava a pochi metri di distanza dalla nostra barca. Non ho accettato di togliermi i vestiti, ma loro mi hanno gridato di farlo. Mio cugino Shabaan cercava di convincermi di ascoltare i soldati israeliani. Così mi sono spogliato e mi sono tuffato in mare, avevo freddo ed nuotato indietro per tornare alla mia barca, ma i soldati hanno iniziato a sparare e a dirmi 'vieni sulla nave'. Una delle navi israeliane era vicina alla nostra barca, ma i soldati ci hanno chiesto di nuotare verso l'altra nave israeliana che era distante da noi. Ho deciso di nuotare. Quando ho raggiunto la nave, i soldati mi hanno tirato a bordo, mi hanno fatto indossare un pantalone, mi hanno ammanettato con le mani dietro la schiena, mi hanno bendato ed incappucciato".

La famiglia di di Jihad ci ha mostrato il completo pantalone e felpa e ciabatte che l'esercito ha dato ai due pescatori. "Hanno preso la nostra barca che vale 12.000 dollari e ci hanno dato un completo che vale meno di 20 shekels", ha esclamato un membro della famiglia. 


il completo fornito ai pescatori dall'esercito israeliano - foto di Rosa Schiano

Mentre le navi israeliane si dirigevano al porto israeliano di Ashdod, i soldati hanno chiesto ai due pescatori informazioni generali, nome e numero di carta di identità. "Io non ricordo il numero della mia carta di identità - ho detto al soldato - che ha usato poi forza su di me. Stava cercando di ottenere informazioni da me, poi un altro soldato gli ha detto 'lascialo stare'", ci ha riferito Jihad.

Nel porto di Ashdod, i due pescatori sono stati sbendati e le loro mani liberate dalle manette per permettere loro di scendere dalla nave. Ai pescatori è stata data la felpa e le ciabatte.

"Ci hanno incappucciati di nuovo ed ammanettati. Ci hanno portati in una piccola stanza dove ci hanno poi sbendati ed hanno liberato le nostre mani dalle manette. Una dottoressa dell'esercito ha controllato la nostra salute, la pressione del sangue. Quando ha finito, siamo stati ammanettati e bendati di nuovo.

"Ci hanno lasciati da soli per una ventina di minuti. Un investigatore è venuto ad interrogarmi. Durante l'interrogatorio mi hanno sbendato mentre mio cugino era ancora bendato. L'investigatore mi ha chiesto i nomi dei membri della mia famiglia dal più piccolo al più grande di età. Mi ha chiesto chi fossero i miei amici. Poi sono stato bendato ed ammanettato. Mi hanno poi portato in un'altra stanza dove sono rimasto per circa un'ora. Successivamente un investigatore è venuto e mi ha chiesto 'Puoi dirmi come i soldati ti hanno trattato a bordo della nave?' e poi mi ha chiesto 'Ricordi il numero delle navi che hanno sparato sulla tua barca?' Ho risposto di sì, ho detto che il numero delle tre navi sono 844-838-831. Poi mi hanno lasciato da solo per circa 4 ore. Poi un soldato è venuto, mi ha tolto le manette, mi ha colpito duramente alla schiena e mi ha detto che potevo andare a casa".
I due pescatori sono stati trasportati al valico di Erez e l'hanno attraversato verso mezzanotte. 

I due pescatori hanno perso, oltre alla barca, anche due GPS ed un telefono che erano sulla barca.
Jhad era stato già arrestato dalla marina israeliana una volta nel 2008, mentre per suo cugino si tratta della terza volta.
Un pescatore ci ha riferito che dal 2010 Israele non ha restituito nessuna delle piccole barche da pesca confiscate.

Jihad ha due figli piccoli  e pesca da quando aveva 10 anni. 
La sua è una famiglia di pescatori.

31 persone dipendevano dalla barca confiscata. La pesca è la loro unica fonte di sussistenza.
La sua famiglia possiede un'altra piccola barca priva di motore e leggermente danneggiata.

"Entrambi non hanno lavoro, non hanno speranza", ci ha detto il padre di Shabaan. 

Jihad Abu Ryala con suo figlio e suo cugino Shabaan Abu Ryala - foto di Rosa Schiano


Il campo rifugiati di Shati era buio. Da qualche giorno nella Striscia di Gaza si hanno solo 6 ore di elettricità quotidiane a causa della mancanza di carburante. La corrente è venuta a mancare verso le 18.30 locali, al termine dell'incontro con i due pescatori. Camminando nel campo rifugiati di Shati, era forte l'odore delle acque reflue che scorrevano lungo l'asfalto. Alcuni bambini giocavano con dei pattini a rotelle, ed ogni tanto, qualcuno nell'oscurità cadeva, ma si rialzava subito. Li abbiamo salutati e ci hanno sorriso. Loro, non perdono mai il sorriso.

Guardando il mare sulla mia destra, osservavo le luci delle barche dei pescatori e l'impotenza che avevo avvertito durante il nostro incontro mi assaliva e si mischiava alla rabbia. 

"La situazione qui sta peggiorando sempre di più", ci ha detto un amico palestinese. 
Qui si continua a vivere grazie alle misere donazioni ed ai pacchi cibo. I "rifugiati", vittime di una doppia ingiustizia, sognano ancora di tornare alle loro terre e tramandano la loro storia di generazione in generazione. 

Le violazioni quotidiane dell'esercito israeliano avvengono alla luce del sole. Le abbiamo anche riprese con macchine fotografiche e videocamere. Tutto ciò l'abbiamo riportato centinaia di volte nel corso degli anni. Eppure, tutto ciò è considerato normale. Nessuna potenza innternazionale interviene per fermare le forze israeliane, nessun organo internazionale sanziona Israele. Per questo, l'esercito entra nelle acque di Gaza sulle quali ha imposto un limite illegale e  fa ciò che vuole. 

A volte, i pescatori che hanno subito attacchi chiedono al nostro traduttore che cosa loro possono ottenere attraverso i report che scriviamo. Che cosa rispondere? A volte diciamo loro che i report servono a far aumentare la consapevolezza nelle persone. Ma nel concreto, se le nostre istituzioni non intervengono, nulla potrà cambiare. Il BDS è una buona risposta alle violazioni israeliane.

Nonostante ufficialmente il limite imposto dalle autorità israeliane sulle acque della Striscia di Gaza sia di 6 miglia nautiche dalla costa palestinese, le forze israeliane impongono un limite di 1 o 2 miglia nelle acque a nord della Striscia. Si osserva che il limite si sta restringendo anche nelle acque a sud della Striscia di Gaza, in particolare di fronte Rafah. 
Questi attacchi continui contro i pescatori di Gaza minano la loro capacità di sussistenza e costuiscono una violazione del diritto internazionale

Background
Israele ha progressivamente imposto restrizioni ai pescatori palestinesi sull'accesso al mare. Le 20 miglia nautiche stabilite sotto gli accordi di Jericho nel 1994 tra Israele e l'Organizzazione di Liberazione della Palestina  (OLP), sono state ridotte a 12 miglia sotto l'Accordo Bertini nel 2002. Nel 2006, l'area acconsentita alla pesca è stata ridotta a 6 miglia nautiche dalla costa. A seguito della offensiva militare israeliana "Piombo Fuso" (2008-2009) Israele ha imposto un limite di 3 miglia nautiche dalla costa, impedendo ai palestinesi l'accesso all' 85% delle acque a cui hanno diritto secondo gli accordi di Jericho del 1994.
Gli accordi raggiunti tra Israele e la resistenza palestinese dopo l'offensiva militare israeliana di novembre 2012, "Pilastro di Difesa", hanno acconsentio ai pescatori di Gaza di raggiungere nuovamente le 6 miglia nautiche dalla costa. Nonostante questi accordi, la marina militare israeliana non ha cessato gli attacchi contro i pescatori di Gaza, anche all'interno di questo limite. A Marzo 2013, Israele ha imposto nuovamente un limite di 3 miglia nautiche dalla costa, affermando che tale decisione era stata presa a seguito dell'invio di alcuni razzi palestinesi verso il sul di Israele. Mercoledi' 22 maggio 2013, le autorità militari israeliane hanno diffuso attraverso alcuni media la decisione di estendere nuovamente il limite a 6 miglia nautiche dalla costa.


la marina israeliana arresta i due pescatori - foto di Rosa Schiano

la marina israeliana arresta i due pescatori - foto di Rosa Schiano

la marina israeliana arresta i due pescatori - foto di Rosa Schiano

la marina israeliana arresta i due pescatori - foto di Rosa Schiano

la marina israeliana arresta i due pescatori - foto di Rosa Schiano

la marina israeliana arresta i due pescatori - foto di Rosa Schiano

la marina israeliana arresta i due pescatori - foto di Rosa Schiano





lunedì 3 marzo 2014

Venerdì sera una donna palestinese di 58 anni, Amna Atia Mahmoud Qudeih, é stata uccisa dal fuoco dell'esercito israeliano in un'area chiamata Sanati, ad est di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza.

Amna era andata ad una festa di matrimonio quella sera. Poi, verso le 21.00, la donna, che soffriva di disturbi psicologici, si era allontanata e si era diretta verso il confine, ad una distanza di circa 30 metri dalla barriera che separa la Striscia di Gaza dai territori che Israele ha occupato nel 1948. 
L'esercito israeliano ha iniziato a sparare e l'ha uccisa colpendola con un proiettile nel lato sinistro dell'addome.

Successivamente le forze israeliane hanno contattato la Croce Rossa Internazionale per il recupero del corpo.
Un vicino di casa ci ha detto che verso le 22.00 la Croce Rossa Internazionale ha contattato la famiglia della donna comunicando che non era possibile accedere all'area. L'esercito israeliano infatti continuava a sparare.
Inoltre l'esercito israeliano non avrebbe comunicato alla Croce Rossa Internazionale dove si trovasse esattamente il corpo della donna. L'esercito avrebbe lanciato segnali luminosi in alcune zone del confine per indicare dove si trovava il corpo, ma non nel luogo esatto, come a prendersi gioco dello staff medico.

Il corpo della donna è stato ritrovato soltanto alle 7 del mattino. 

Probabilmente, se l'esercito israeliano avesse permesso all'ambulanza di recuperare immediatamente il corpo, se avesse indicato dove il corpo esattamente si trovava, Amna sarebbe sopravvissuta.

"Perché l'hanno uccisa? Soffriva di problemi psicologici, perché le hanno sparato?", ci ha chiesto, con gli occhi lucidi, Resga, l'anziana madre novantenne.

La donna viveva insieme alla madre e l'aiutava nelle faccende domestiche. Il padre era morto alcuni mesi fa. 

Amna è stata uccisa con il vestito tradizionale palestinese che aveva indossato per la festa di matrimonio.

Alla domanda di sua madre, non abbiamo risposta. 

Possiamo ancora osservare, riportare ed essere testimoni di queste continue orrende aggressioni che continuano ad avvenire nell'ossordante silenzio internazionale.

Resga Qudeih (photo by Rosa Schiano)

Amna Atia Manhoud Qudeih (photo by da local press)