Mercoledi 8 gennaio, Mohammed Khader Al Sultan, pescatore palestinese di 27 anni, era stato arrestato dalla marina militare israeliana mentre pescava nelle acque di Gaza con i sue due fratelli Hamdi ed Ahmad su una piccola imbarcazione a motore chiamata "hasaka".
Mohammed è stato rilasciato la sera dello stesso giorno dalle autorità israeliane.
Siamo andati ad incontrarlo nella sua abitazione in Beit Lahia, nel nord della Striscia di Gaza.
"Eravamo andati a pescare verso le 6 del mattino. Verso le 8.40 due motoscafi israeliani si sono avvicinati alla nostra barca ed i soldati hanno iniziato a sparare in acqua", ci ha raccontato Mohammed.
I tre fratelli pescatori si trovavano a meno di un miglio nautico dalla costa di Soudanya, nel nord di Gaza.
I soldati israeliani hanno gridato loro di fermare il motore e si sono avvicinati alla parte frontale della barca.
'Fermate il motore, avvicinatevi, alzate le mani', hanno gridato ai pescatori.
"Poi ci hanno chiesto di tuffarci in acqua. Ho detto loro che mio fratello era troppo giovane, non poteva nuotare. Mi sono spogliato e mi sono tuffato in acqua. I soldati mi hanno poi tirato a bordo del motoscafo. Uno dei soldati mi ha chiesto degli altri due pescatori. Gli ho risposto che quello giovane non poteva nuotare e l'altro era malato ed avrebbe rischiato la morte. 'Lascerò andare a casa i tuoi fratelli e prenderò te', mi ha detto".
I soldati gli hanno dato dei vestiti. Sul motoscafo i soldati hanno costretto poi Mohammed a tuffarsi di nuovo ed a nuotare fino a raggiungere una grande nave israeliana che si trovava a circa 90 metri di distanza.
A bordo della nave, i soldati l'hanno bendato, l'hanno vestito, hanno ammanettato le sue mani ed i suoi piedi. "Poi non ho visto più cosa succedeva, non vedevo più nulla", ci ha detto Mohammed. Nel porto israeliano di Ashdod i soldati hanno smanettato i suoi piedi e l'hanno sbendato. Successivamente Mohammed è stato interrogato. Durante l'interrogatorio, i soldati hanno di nuovo ammanettato i suoi piedi e le sue mani.
C'erano due persone, una persona parlava arabo e l'altra parlava ebraico. Gli investigatori hanno chiesto a Mohammed il suo nome, la sua età, il suo numero di telefono, dettagli personali sui suoi fratelli e la sua famiglia ed altre informazioni personali. Successivamente lo hanno incappucciato e l' hanno lasciato in una stanza da solo per circa un'ora e mezza. "Poi sono venuti 5 soldati di cui uno parlava arabo. Mi ha detto 'Ti mostro delle foto e tu dimmi cosa vedi'. Mi ha chiesto in quale zona della spiaggia lavoro, lui mi mostrava immagini della spiaggia. Di ogni zona della spiaggia hanno delle foto. 'Seleziona una delle foto', mi ha detto. Gli ho mostrato una delle immagini della spiaggia in cui lavoro. L'investigatore mi ha chiesto di indicare un sito governativo vicino la spiaggia e mi ha chiesto quante persone ci lavorano. 'Non lo so, non conosco nessuno che lavora lì ', gli ho detto. Allora lui mi ha chiesto come fosse possibile che io non conoscessi nessuno se mi devo recare lì per prendere il mio permesso per lavorare come pescatore. Gli ho detto che conosco solo due persone che sono venute sulla spiaggia al di fuori del sito governativo. Poi l'investigatore mi ha chiesto di un altro sito governativo della protezione civile. Mi ha chiesto se i poliziotti lì avessero armi. Gli ho detto che non sapevo, che alcuni le hanno ed altri no. Infine il soldato mi ha detto 'Grazie per il tuo aiuto." C'era un filo di ironia nell'ultima parte del racconto di Mohammed. Il tutto, dall'arresto all'interrogatorio, sembra un paradosso, il tutto è assolutamente umanamente inaccettabile. "Successivamente mi hanno forzato a parlare con una persona al telefono che mi ha chiesto di nuovo il mio nome, informazioni personali, il numero della mia carta di identità. Mi hanno lasciato solo per due ore. Poi i soldati sono tornati con un foglio su cui era scritto in ebraico. Mi hanno tolto il cappuccio e mi hanno fatto indossare dei bei vestiti. Mi hanno chiesto di tenere il foglio in mano e mi hanno scattato una foto".
Non sappiamo cosa ci fosse scritto su quel foglio. Secondo un altro pescatore presente nel nostro incontro, si tratterebbe di un report medico sulle condizioni di salute che gli israeliani possono utilizzare nelle cause contro di loro in tribunale. Le umiliazioni sono proseguite. "Hanno coperto il mio viso di nuovo e mi hanno lasciato così un paio di ore,mi hanno messo manette di plastica e mi hanno fatto spogliare. Un soldato mi ha chiesto di alzarmi e di sedermi per tre volte. Poi mi hanno fatto indossare di nuovo i vestiti. Mi hanno ammanettato, incappucciato e portato con una macchina al valico di Erez. Erano circa le 18.10", ci ha raccontato Mohammed.
Mohammed è sposato, ha una figlia di 2 anni ed un bambino di 4 anni. Vive in una piccola abitazione di due stanze, in attesa di muoversi presso una nuova abitazione in costruzione. "A causa dell'assedio mancano i materiali da costruzione", ci ha detto un suo parente.
La pesca è per loro, come per centinaia di famiglie palestinesi, l'unica fonte di sussistenza.
Appare chiaro che attraverso questi attacchi le forze militari israeliane stiano restingendo sempre di più l'area acconsentita alla pesca impedendo ai pescatori di accedere alle acque a nord della Striscia di Gaza. Il limite reale imposto da Israele sulle acque a nord di Gaza non è di 6 miglia nautiche dalla costa ma di 1-2 miglia nautiche.
Inoltre appare chiaro che attraverso questi arresti, o meglio dire rapimenti, dei pescatori palestinesi da parte delle forze israeliane di occupazione, le autorità israeliane cercano di ottenere informazioni su persone e luoghi della Striscia di Gaza cercando in tutti i modi di trovare dei collaborazionisti.
Background
Israele ha progressivamente imposto restrizioni ai pescatori palestinesi sull'accesso al mare. Le 20 miglia nautiche stabilite sotto gli accordi di Jericho nel 1994 tra Israele e l'Organizzazione di Liberazione della Palestina (OLP), sono state ridotte a 12 miglia sotto l'Accordo Bertini nel 2002. Nel 2006, l'area acconsentita alla pesca è stata ridotta a 6 miglia nautiche dalla costa. A seguito della offensiva militare israeliana "Piombo Fuso" (2008-2009) Israele ha imposto un limite di 3 miglia nautiche dalla costa, impedendo ai palestinesi l'accesso all' 85% delle acque a cui hanno diritto secondo gli accordi di Jericho del 1994.
Gli accordi raggiunti tra Israele e la resistenza palestinese dopo l'offensiva militare israeliana di novembre 2012, "Pilastro di Difesa", hanno acconsentio ai pescatori di Gaza di raggiungere nuovamente le 6 miglia nautiche dalla costa. Nonostante questi accordi, la marina militare israeliana non ha cessato gli attacchi contro i pescatori di Gaza, anche all'interno di questo limite. A Marzo 2013, Israele ha imposto nuovamente un limite di 3 miglia nautiche dalla costa, affermando che tale decisione era stata presa a seguito dell'invio di alcuni razzi palestinesi verso il sul di Israele. Mercoledi' 22 maggio, le autorità militari israeliane hanno diffuso attraverso alcuni media la decisione di estendere nuovamente il limite a 6 miglia nautiche dalla costa.
Mohammed Khader Al Sultan con i suoi fratelli Hamdi ed Ahmad
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