Venerdì sera una donna palestinese di 58 anni, Amna Atia Mahmoud Qudeih, é stata uccisa dal fuoco dell'esercito israeliano in un'area chiamata Sanati, ad est di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza.
Amna era andata ad una festa di matrimonio quella sera. Poi, verso le 21.00, la donna, che soffriva di disturbi psicologici, si era allontanata e si era diretta verso il confine, ad una distanza di circa 30 metri dalla barriera che separa la Striscia di Gaza dai territori che Israele ha occupato nel 1948.
L'esercito israeliano ha iniziato a sparare e l'ha uccisa colpendola con un proiettile nel lato sinistro dell'addome.
Successivamente le forze israeliane hanno contattato la Croce Rossa Internazionale per il recupero del corpo.
Un vicino di casa ci ha detto che verso le 22.00 la Croce Rossa Internazionale ha contattato la famiglia della donna comunicando che non era possibile accedere all'area. L'esercito israeliano infatti continuava a sparare.
Inoltre l'esercito israeliano non avrebbe comunicato alla Croce Rossa Internazionale dove si trovasse esattamente il corpo della donna. L'esercito avrebbe lanciato segnali luminosi in alcune zone del confine per indicare dove si trovava il corpo, ma non nel luogo esatto, come a prendersi gioco dello staff medico.
Il corpo della donna è stato ritrovato soltanto alle 7 del mattino.
Probabilmente, se l'esercito israeliano avesse permesso all'ambulanza di recuperare immediatamente il corpo, se avesse indicato dove il corpo esattamente si trovava, Amna sarebbe sopravvissuta.
"Perché l'hanno uccisa? Soffriva di problemi psicologici, perché le hanno sparato?", ci ha chiesto, con gli occhi lucidi, Resga, l'anziana madre novantenne.
La donna viveva insieme alla madre e l'aiutava nelle faccende domestiche. Il padre era morto alcuni mesi fa.
Amna è stata uccisa con il vestito tradizionale palestinese che aveva indossato per la festa di matrimonio.
Alla domanda di sua madre, non abbiamo risposta.
Possiamo ancora osservare, riportare ed essere testimoni di queste continue orrende aggressioni che continuano ad avvenire nell'ossordante silenzio internazionale.
Resga Qudeih (photo by Rosa Schiano) |
Amna Atia Manhoud Qudeih (photo by da local press) |
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