martedì 27 marzo 2012

Un pescatore palestinese, Khamis Baker, è rimasto ferito domenica mattina quando la marina israeliana ha aperto il fuoco su un gruppo di imbarcazioni di pescatori palestinesi nelle acque di Gaza.

La casa della famiglia di Khamis, in Al-Shati camp ("Beach" camp), è poco illuminata, il soffito cade a pezzi e le finestre sono prive di vetri.
Khamis ha una benda sulla fronte, i dottori hanno cucito la sua ferita con tre punti.
Un gruppo di bambini affolla la stanza durante la nostra visita.

"Ogni giorno affrontiamo difficoltà - inizia a raccontarci Khamis - ogni mattina affrontiamo il fuoco della marina israeliana che vuole impedirci di pescare.
Il giorno precedente avevo mandato mio figlio alla stazione di benzina, avevamo deciso di andare a pescare domenica mattina.
Mentre eravamo in mare la marina israeliana ha iniziato a sparare utilizzando anche cannoni d'acqua.
Improvvisamente mio figlio mi ha detto che c'era sangue sul mio viso, ero rimasto ferito."

Sulla barca Khamis era con suo figlio di 16 anni e tre cugini.

"E' stata una perdita di tempo e di benzina, - continua Khamis - ore ed ore passate alla stazione aspettando di prendere il carburante.
La nave della marina israeliana ha sparato continuamente sin dal mattino e girava velocemente attorno alle nostre barche per creare onde."

Khamis e gli altri pescatori si trovavano nell'area "consentita", imposta da Israele, all'interno delle tre miglia nautiche dalla costa.
Eppure i soldati gridavano loro "go to the south, go away".

C'erano più di 20 imbarcazioni di pescatori a mare. Ma non potendo più pescare, sono tornati tutti al porto.

Khamis lavora da 30 anni come pescatore ed ha 9 figli. Nell'efidicio vivono anche le famiglie dei suoi parenti, in tutto un centinaio di persone. Tutti dipendono dall'attività della pesca.

Chiedo a Khamis quanto riescono a guadagnare dalla pesca. "150 shekels - mi risponde - ma la metà se ne va per la benzina. Il resto lo dividiamo diviso 5, quindi massimo guadagnamo 20 shekels a testa."

Khamis ci dice che non c'è modo di poter pescare oltre le tre miglia, le navi della marina israeliana arrivano velocemente. Una volta hanno capovolto la loro barca e sono caduti in mare.

Chiedo infine a Khamis se si sente di lasciare un messaggio alla comunità internazionale. "Chiediamo almeno una garanzia per il nostro futuro, abbiamo bisogno di vivere in sicurezza, chiediamo almeno una garanzia per il futuro dei nostri figli.
Non chiediamo nulla, solo di porre fino all'assedio, perché i palestinesi soffrono e muoiono a causa di esso, ogni pescatore soffre di questa situazione", conclude Khamis.

Khamis è solo uno dei tanti pescatori feriti dalla marina israliana nelle acque di Gaza.

Israele attacca regolarmente i pescatori palestinesi entro il limite delle tre miglia nautiche ed impedisce loro di pescare utilizzando armi da fuoco e cannoni d'acqua.

Le restrizioni sull'area pescabile incidono notevolmente sulle capacità di sussistenza dei pescatori di Gaza.

Quest'area doveva estendersi per 20 miglia nautiche secondo gli accordi di Jericho del 1994 (sotto gli accordi di Oslo), poi fu ridotta a 12 miglia, a 6 miglia ed infine a tre miglia dal gennaio 2009.

La "buffer zone" del mare imposta da Israele impedisce ai pescatori di Gaza l'accesso all'85% delle area marina a loro consentita dagli accordi di Oslo.




Khamis Baker





martedì 20 marzo 2012

Sabato sera verso le 19.00, i soldati israeliani hanno aperto il fuoco al confine di Karm Abu Salem, ad est di Rafah, a sud della Striscia di Gaza.

Sohaib Sultan, 6 anni, stava giocando nella sua abitazione con i fratelli  quando è stato ferito da uno dei proiettili alla parte alta della coscia.

I genitori, Majed, 45 anni, e Fayza, 44 anni, l'hanno  trasportato con la macchina in ospedale.
Sono andati prima al Nagar hospital e poi all'European hospital, in zona Khaln Younis.

Il proiettile si trova ancora nel corpo del bambino.
I suoi genitori ci hanno detto che il dottore non si è sentito di operarlo.
Ha solo detto loro "sarà vostra reponsabilità".
I genitori hanno così deciso di rivolgersi ad un altro ospedale.

Il padre ci mostra la radiografia.
Il proiettle è ben visibile all'interno del corpo del bambino.

Chiediamo a Sohaib "Kif alak"? ("Come stai?")
ci risponde "Alhamdulilah" ("Dio sia lodato"). Va tutto bene per Sohaib.
Rimango stupita davanti alla sua risposta. Alhamdulilah, come se niente fosse successo, come se il suo corpicino non fosse abitato ora da un proiettile di 215 mm.

E'un bambino forte Sohaib.
Gli accarezzo la testa sorridendogli, mi ricambia il sorriso.

Sohaib ha 3 fratelli e 5 sorelle ed è il più piccolo della famiglia. Sua madre Fayza ha problemi ai reni e suo padre Majed  è disoccupato.
Il padre è preoccupato. "Non c'è niente che possa fermare i proiettili", ci dice, facendo riferimento ai pannelli  che costituiscono il soffitto della loro abitazione e parte delle pareti, e da cui possono entrare facilmente proiettili.
Gli chiedo se se la sente di lasciare un messaggio al mondo esterno. "Mettete fine all'assedio di Gaza - ci dice - e lasciate che la gente viva una vita normale.
Noi siamo civili, per favore, non sparate. Non abbiamo armi, noi viviamo una vita civile. Lasciateci solo vivere una vita umana, in pace."

Domani andremo insieme in ospedale a parlare con un dottore e forse Sohaib sarà operato.
Saremo con loro, per ogni supporto, per far sentir loro che non sono soli, nonostante il silenzio della comunità internazionale.



Sohaib Sultan, 6 anni

Sohaib Sultan, 6 anni

la radiografia. Il proiettile è ben visibile a destra

la radiografia. Il proiettile è ben visibile a destra

la radiografia. Il proiettile è ben visibile a destra

Sohaib Sultan, 6 anni

Sohaib Sultan, 6 anni, e suo padre Majed Sultan, 45 anni

il buco provocato dal proiettile che ha colpito Sohaib


Nell'abitazione ci sono diversi fori provocati dai proiettili

una "parete" dell'abitazione






sabato 17 marzo 2012

Ayoub Asalya, 12 anni, stava andando a scuola domenica mattina quando è stato ucciso da un missile israeliano.

Sulle pareti della sua abitazione c'è un poster con la sua immagine. Ayoub appare sorridente, con un berretto in testa.

" La notte prima che venisse ucciso, era venuto da me dicendomi che aveva paura di dormire da solo nella sua stanza a causa degli attacchi", ci racconta la madre.

Quella notte così Ayoub aveva dormito nella stanza di sua madre e si era svegliato al mattino presto per andare a scuola.

"Prima di uscire - continua la madre - mi aveva chiesto di comprargli delle scarpe nuove, e aveva detto che mi avrebbe comprato un regalo per la festa della mamma.
Dopo pochi minuti,  ho sentito un attacco aereo e sono corsa fuori correndo, ho trovato un bambino ferito, Wafi, il cugino di Ayoub, disteso con il viso nel terreno. Sono arrivate le ambulanze ed hanno portato Wafi in ospedale."

Gli uomini delle ambulanze hanno iniziato a cercare sul posto altri possibili feriti, improvvisamente uno di loro ha gridato dicendo "Un bambino palestinese con la divisa da scuola è stato ucciso!".

Il corpo di Ayoub era ridotto a pezzi ovunque, uno dei vicini ha riconosciuto il viso di Ayoub e ha detto alla sua famiglia che l'avevano trovato morto. La madre ha iniziato a correre e a piangere.

"Non posso pensare di aver trovato mio figlio, con cui avevo parlato fino a pochi minuti prima, ridotto improvvisamente a pezzi.
L'abbiamo trovato senza la parte inferiore del corpo. Ora chi mi porterà un regalo per la festa della mamma?
Gli Israeliani hanno dichiarato di aver colpito persone della resistenza, questo vuol dire che Ayoub stava lanciando razzi? Dove sono i diritti umani del popolo palestinese?
Il mio messaggio dovrebbe arrivare in tutto il mondo, noi dovremmo cacciare tutti gli ambasciatori israeliani dai nostri paesi."

La mamma di Ayoub prende il suo zaino, ci mostra i libri di scuola.
Ci accompagna poi in un posto vicino l'abitazione dove sono ancora visibili i segni dell'attacco. Materiali sparsi ovunque sul terreno. Sua madre inizia a raccoglierli.
Nelle sue mani, insieme al terreno, piccoli pezzi di carne, è la carne del corpo di suo figlio, ancora lì. Ce li mostra. Si inginocchia e ne prende altri. Avvicina le sue mani al viso, li odora. Li odora ancora, poi si volta verso un'altra donna della famiglia porgendole le mani invitandola e sentirne l'odore e sorride. Il suo sorriso era pieno dell'amore per il suo bambino. Suo figlio è ancora lì, nelle sue mani, anche se ridotto in piccoli pezzi di carne.

Prende poi dal terreno foglie e limoni macchiati del suo sangue, e piccoli pezzi dei suoi indumenti.
Lei avrebbe continuato a raccogliere quel che ancora restava di suo figlio, se un suo parente non fosse intervenuto chiedendole di tornare a casa.

Una madre che raccoglie i pezzi di suo figlio deve essere molto forte, ma i suoi occhi non possono nascondere l'atroce dolore della sua perdita.

Prima che andassi via, strofina le sue mani sulle mie stringendole, mi chiama "habibti" abbracciandomi.

Ciò che sto raccontando non è un film dell'orrore. Sono gli orrori causati dai bombardamenti israeliani.

Eppure, il popolo palestinese resiste. "Alhamdulilah", si pensa al futuro, domani i bambini riprenderanno ad andare a scuola e nuove vite nasceranno, anche sotto il suono dei droni e degli F-16.




Ayoub Asalya, 12 anni

i genitori di Ayoub

la madre di Ayoub prende dal terreno pezzettini di carne del corpo del figlio

la madre di Ayoub raccoglie quel pezzi degli indumenti del figlio e, un limone e materiale macchiati del suo sangue


il funerale di Ayoub Asalya, 11 marxo 2012






giovedì 15 marzo 2012

Questa mattina siamo andati a fare visitia  ai feriti ricoverati allo Shifa Hospital.

La maggior parte di essi ha riportato ustioni e fratture.

Lascerò spazio alle immagini, più che alle parole.

Hani El-Qanoo ha 15 anni.
Sua madre, Reda, racconta che domenica mattina verso le 9.00 Hani e suo fratello erano andati a scuola, ma non c'era lezione. Stavano tornando a casa quando un drone ha lanciato un missile sulla strada in cui si trovavano, AlKhorondar street. Anche suo fratello, Moyad, è rimasto ferito insieme agli altri amici, mentre uno dei loro compagni, Nayif Qarmout, 15 anni, è rimasto ucciso.
Reda vive con i suoi 7 bambini in difficili condizioni di vita. Suo marito è morto qualche tempo fa.
"Stavamo tornando da scuola con sei compagni quando improvvisamente un drone ci ha colpito - racconta Hani - ho avuto la sensazione di volare."

Il dottore ci ha detto che Hani ha una frattura al femore ed alla gamba destra e diverse ustioni provocate dal missile.

Hani Al-Qanoo, 15 anni

Hani Al-Qanoo, 15 anni


Il fratello di Hani, Moyad Al-Qanoo, ha 16 anni.
Riporta ferite da ustioni di secondo grado, sul viso e alle gambe.
Ha schegge in diverse parti del corpo.


Moyad Al-Qanoo, 16 anni

Moyad Al-Qanoo, 16 anni

Moyad Al-Qanoo, 16 anni



Anche Saleh Qarmout, 15 anni, tornava da scuola quel giorno insieme agli altri compagni.
Il dottore ci ha detto che durante quell'attacco, un bambino era morto, Naiyf Qarmout, e 9 bambini erano rimasti feriti. Cinque bambini sono stati portati allo Shifa Hospital, quattro bambini sono stati traferiti al Kamal Odwan Hospital.

Saleh Qarmout, 15 anni

Saleh Qarmout, 15 anni

Saleh Qarmout, 15 anni


Anche Tamer Azzam, 17 anni, stava tornando da scuola insieme a loro. 
Lo abbiamo trovato disteso su un letto, sul suo viso smorfie di dolore.
Ha schegge sul viso ed al fianco, ed ustioni alle gambe.
Il dottore ha detto che hanno dovuto rimuovere dal suo corpo parte dell'intestino.
La guarigione potrebbe richiedere molto tempo.
Tamer ha 9 fratelli e 2 sorelle. Suo padre è disoccupato perché malato.
Prima che andassi via, Tamer ha fissato i miei occhi incessantemente.
L'ho guardato, ma per il dolore che ho provato ho distolto lo sguardo per un istante, poi mi sono voltata di nuovo verso di lui ed ho trovato i suoi occhi ancora fissi sui miei. Mi guardava in silenzio, dolorante, come a voler chieder aiuto attraverso i suoi occhi.
Avrei voluto sbattere i miei pugni contro il muro, avrei voluto gridare e piangere.
Il suo sguardo non lo dimenticherò mai più per tutto il resto della mia vita.


Tamer Azzam, 17 anni
Tamer Azzam, 17 anni
Tamer Azzam, 17 anni

Tamer Azzam, 17 anni

Tamer Azzam, 17 anni



Alaa Al-Looh ha 34 anni. Ha una frattura alla tibia ed ustioni sul viso.
Nello stesso giorno, domenica 12 marzo, un attacco israeliano aveva ucciso un padre ed una figlia all'interno della prorpia fattoria. Mohammed Mostafa El-Hsoni aveva 65 anni e sua figlia Fayza Mohammed El-Hsoni aveva 30 anni.
Alaa era in motocicletta, ha sentito una forte esplosione ed è rimbalzato a terra. Si è risvegliato in ospedale.  Alaa è sposato ed ha tre figli, due maschi ed una femmina, e lavora in un negozio ortofrutticolo.
Quando il dottore ci ha mostrato la frattura, Alaa gridava dal dolore.
Alaa Al-Looh, 34 anni

Alaa Al-Looh, 34 anni


Hussien Omer Abo Aqla ha 26 anni.
Nella stessa giornata di domenica 12 marzo, verso le 8.00 del mattino, Hussien tornava a casa dopo il lavoro. Hussien trasporta cibo alle scuole al mattino presto. 
Improvvisamente un drone ha colpito la strada in cui si trovava, Salahadin street, in Al-Zeitoun, zona est di Gaza city.
Hussien è ferito alla schiena e soffre di pressione al torace.


Hussien Omer Abo Aqla, 26 anni


Moath Nofal Abo El-Eash ha 20 anni.
Lunedì all' 1:30 di notte due missili hanno colpito il campo profughi di Jabalia, a nord di Gaza city. Il primo attacco è stato eseguito da un drone.
Il missile ha colpito la casa della famiglia Hammad. Più di 30 persone sono rimaste ferite, di cui 21 bambini. L'abitazione è stata completamente distrutta e le altre sono state danneggiate.
La sua casa era vicina a quella della famiglia Hammad. Moath aveva sentito una grande esplosione , i suoi vicini gli avevano chiesto di uscire per cercare di salvare la famiglia Hammad. Uscito di casa, un caccia F-16 ha lanciato un altro missile.
Moath ha ferite da ustioni su tutto il corpo, in particolare sul viso, e schegge in molte parti del corpo.

Gli ho chiesto se se la sente di lasciare un messaggio al mondo dopo quello che è successo.
Moath mi ha risposto: "La mia immagine è sufficiente per parlare al mondo".


Moath Nofal Abo El-Eash, 20 anni

Moath Nofal Abo Al-Eash, 20 anni

Moath Nofal Abo Al-Eash, 20 anni



Il Dr. Maher Sukkar, vicepresidente del reparto di chirurgia plastica allo Shifa Hospital, ci ha detto che faranno analizzare alcune schegge delle armi utilizzate per sapere se sono cancerogene.
Prima di salutarci, ci ha detto che le armi utilizzate sono americane. Ha aggiunto: "Abbiamo bisogno di un po'di libertà. Dite al mondo cosa avete visto in ospedale. Perché i nostri bambini non possono avere uno spazio dove giocare? Perché siamo palestinesi? Io e mia moglie abbiamo vissuto fuori per un periodo ma siamo tornati a Gaza, nonostante le difficili condizioni di vita, perché il nostro paese ha bisogno di noi."

Penso ai bambini che ho incontrato, alle loro vite ed al loro dolore, penso agli occhi di  Tamer mentre gli F-16 continuano a volare sul cielo di Gaza.