domenica 24 novembre 2013

Mohammed Adel Afana, 22 anni

Venerdì pomeriggio Mohammed Adel Afana, 22 anni, è rimasto ferito dal fuoco dell' esercito israeliano ad est del campo rifugiati di Jabalia, a nord della Striscia di Gaza. 
Mohammed era andato sul posto con alcuni amici. Ogni venerdì molti palestinesi hanno l'abitudine di andare nel cimitero che si trova lungo il confine, a circa 300 metri dalla barriera di separazione che separa Gaza dal territorio che Israele ha occupato nel 1948. 
Erano circa le 15.30-16.00. Alcuni ragazzi hanno iniziato a lanciare pietre contro i soldati, ed anche Mohammed si era unito a loro.
Mohammed, in ospedale, ci ha detto che c'erano tre jeeps israeliane ed una decina di soldati.

Un soldato ha sparato alla sua coscia destra, il proiettile è entrato ed uscito, ma ha tagliato i nervi interni e lasciato numerosi frammenti all'interno dell'arto.

I ragazzi che erano con Mohammed hanno chiamato un'ambulanza, che ha trasportato Mohammed al Kamal Odwan hospital, in Jabalia. Successivamente Mohammed è stato trasferito al Beit Hanoun hospital per essere operato. I dottori hanno rimosso i frammenti di esplosivo dalla sua gamba e pulito la ferita, tuttora aperta. Probabilmente Mohammed avrà bisogno di un'altra operazione chirurgica, poiché i nervi sono tagliati. 
Prima che lasciassimo l'ospedale, Mohammed è stato trasferito al Kamal Odwan hospital.
Mohammed è un ragazzo come tanti, lavora in un panificio e la sua famiglia è composta da 10 persone.

Quasi due anni fa, Mohammed era stato già ferito, nel Land Day durante la Global March to Jerusalem, al confine di Erez. Era il 30 marzo 2012, a Gaza una giornata sanguinosa. Senza esitazione, i soldati israeliani avevano mirato e sparato alle braccia ed alle gambe dei giovani manifestanti. I feriti si susseguivano. 
Un ragazzo era stato ucciso, con un proiettile al petto, Mahmoud Zaqout, 19 anni. 
Mohammed ci ha detto che i soldati quel giorno avevano sparato alla sua coscia destra, nello stesso punto dove è rimasto ferito venerdi.
Inoltre, uno dei  fratelli di Mohammed era rimasto ferito durante Piombo Fuso nel 2008-2009 e la sua gamba è stata amputata. 

"Tutte le ferite da arma da fuoco causate dall'esercito israeliano sono in aree sensibili del corpo. Ho esperienza di 17 anni in chirurgia in molti ospedali. La maggior parte delle ferite sono alla testa, al petto, ai nervi, alle gambe. Piu' del 95% dei feriti non ha speranza di guarire, nemmeno all'estero", ci ha detto il dott. Fayez al-Barrawi  del Beit Hanoun hospital. Riguardo la ferita riportata da Mohammed, ci ah detto "non ci sono molte speranza di recupero, è  difficile riconnettere i nervi e riportare la situazione come era in precedenza".

Nella stessa stanza in cui era ricoverato Mohammed, c'era il secondo ferito, Hamada Suleiman al-Barrawi di soli 15 anni. Hamada si lamentava per il dolore, nonostante la somministrazione di analgesici. 
Hamada era nello stesso posto in cui si trovava Mohammed Adel Afana. Aveva visto Mohammed ferito ed ha avuto una crisi isterica. Ha iniziato a correre senza una meta precisa, ed è caduto. La caduta gli ha provocato la frattura delle ossa del braccio destro e di alcune vene. 
E' stato già sottoposto ad un intervento chirurgico e ne dovrà affrontare un altro. 
Hamada ha una storia tragica alle spalle, suo cugino, Bilal al-Barrawi, di 20 anni, era stato ucciso dalle forze israeliane a novembre, durante l'Operazione "Pilastro di Difesa".
Hamada aveva visto il suo corpo, e da quel momento, quando vede un ferito, ha una reazione isterica, non controlla i movimenti e la sua memoria ne è colpita. Anche il suo caso è difficile, a causa della rottura delle vene. 

Mohammed Adel Afana, 22 anni


Hamada Suleiman al-Barrawi, 15 anni, con sua madre accanto


Hamada Suleiman al-Barrawi, 15 anni


Gli accordi per il cessate il fuoco del 21 novembre 2012 hanno stabilito che le forze militari israeliane devono "astenersi dal colpire i residenti nelle aree lungo il confine" e "cessare le ostilità nella Striscia di Gaza, via terra, via mare e via aria, compreso le incursioni e le uccisioni mirate." 
Tuttavia attacchi militari israeliani via terra e via mare si sono susseguiti a partire dal giorno successivo al cessate il fuoco, ed aerei militari israeliani hanno sorvolato costantemente il cielo della Striscia di Gaza. Sette civili sono stati uccisi dalla fine dell'offensiva militare "Pilastro di Difesa" e più di 130 sono i civili feriti.
Questi attacchi contro la popolazione civile di Gaza continuano ad avvenire nel silenzio internazionale.







mercoledì 20 novembre 2013

Ammar Asad al-Sultan, 19 anni, e Mohsen Zayed, 25 anni


Domenica 17 novembre due pescatori palestinesi sono stati arrestati dalla marina militare israeliana nelle acque di Gaza e la loro barca è stata confiscata.

I due pescatori, Ammar Asad al-Sultan, 19 anni, e Mohsen Zayed, 25 anni, stavano pescando su una piccola imbarcazione, tipo "hasaka", sprovvista di motore a circa 1 miglio dalla costa di Soudania, nel nord della Striscia di Gaza. I due sono stati rilasciati dalle autorità israeliane verso le 3 del mattino del giorno successivo.

Siamo andati a trovare i due pescatori presso l'abitazione di Ammar, in un'area chiamata Salatin, a nord di Gaza. 
"Siamo andati a pescare verso le 17.00. Verso le 18.30, una nave della marina militare israeliana si è avvicinata alla nostra barca ed i soldati hanno aperto il fuoco sull'acqua. Abbiamo cercato di tirare su velocemente le nostre reti per scappare, ma non ci siamo riusciti", ci ha detto Ammar. 
I due pescatori infatti, essendo su una barca senza motore, non potevano scappare.
"Ho 25 anni, e non ho mai vissuto qualcosa di così terrificante nella mia vita. Temevo di perdere la mia vita", ha detto Mohsen.
I soldati israeliani hanno chiesto ai due pescatori di spogliarsi e di tuffarsi in acqua. "Faceva molto freddo, si gelava. Hanno chiesto di tuffarci in acqua singolarmente e di nuotare per 30 metri fino a raggiungere la nave israeliana", ci ha detto Ammar.
A bordo della nave israeliana, i soldati hanno ammanettato i pescatori alle mani ed ai piedi alla parte anteriore della nave, ed hanno coperto loro il capo. Un soldato ha chiesto loro i nomi. La nave si è diretta verso sud ed è poi tornata indietro e dopo circa 1 ora e 40 ha raggiunto il porto israeliano di Ashdod.
"In Ashdod due soldati ci hanno presi e trasportati in una piccola stanza, ci hanno tolto le manette. Poi un dottore dell'esercito ha controllato la nostra salute, la pressione del sangue e la temperatura. Poi ci hanno tenuti ammanettati di nuovo per circa 30 minuti in una stanza, poi ci hanno separati e ci hanno interrogati singolarmente. Mi hanno sbendato e tolto le manette, poi mi hanno chiesto della mia famiglia, del mio lavoro, di ogni cosa della mia vita privata, di quanti bambini avessi. Poi un investigatore mi ha chiesto se seguissi un partito politico in Gaza. Mi ha chiesto quanti fratelli avessi. Otto, ho risposto. E mi ha detto 'Sei un bugiardo', 'Non lo sono" ho detto, e lui mi ha insultato e mi ha detto "Tu hai nove fratelli". Io gli ho detto che uno dei miei fratelli è morto quando aveva 5 anni, per questo non l'avevo contato", ci ha raccontato Mohsen. Gli jnterrogatori israeliani sono sempre rudi, umilianti, talvolta violenti.
Dopo l'interrogatorio, i soldati hanno coperto nuovamente loro il capo, li hanno ammanettati, e li hanno trasportati in un'altra stanza. Ammar ci ha raccontato che un soldato gli ha chiesto di spogliarsi e ha controllato il suo corpo con un dispositivo capace di controllare se una persona fa uso di armi da fuoco. Come una sorta di naso capace di sentire la presenza di agenti chimici o polvere da sparo.
"L'investigatore, il cui nome era Jamal, mi ha chiesto il motivo per cui stavo pescando nell'area non consentita. Poi mi ha mostrato una mappa di carta, dove mi ha chiesto di indicare la mia abitazione, mi ha chiesto dei miei fratelli, del loro lavoro. Ho risposto che uno dei miei fratelli è pescatore, un altro è contadino. L'investigatore mi ha chiesto se conoscessi qualcuno che lavora per Hamas, e mi ha detto 'Uno dei tuoi fratelli lavora per Hamas. Noi seguiamo ogni giorno i suoi passi'. Io gli ho risposto che non lo so, e che mio fratello non lavora per Hamas. L'investigatore allora mi ha detto 'Io so tutto ciò che accade in Gaza, noi vi guardiamo. Voi potreste essere attaccati da noi, perché tuo fratello lavora con un'organizzazione terroristica'. Poi mi ha detto di riferire a mio fratello di star lontano da certe persone e che tutta la famiglia sarà in pericolo se non sarà lontano da loro. L'investigatore mi ripeteva le stesse cose 10 volte. Poi mi hanno ammanettato", ci ha detto Ammar.

I due pescatori sono poi stati trasportati ad Erez e rilasciati. 

Le famiglie di questi pescatori dipendono dalla pesca. Senza barca, non hanno altri mezzi di sussitenza.
Il padre di Ammar ci ha detto che è la terza volta che perde le reti. Le reti sono state confiscate dai soldati israeliani insieme alla barca, il padre di Ammar si era indebitato per comprarle. E' disoccupato dal 2004, pesca per sopravvivere. 
"Chiedo alla comunità internazionale di permetterci di vivere come le persone nel resto del mondo al di fuori di Gaza. Faccio appello al mondo intero per fermare questi crimini ed aiutare i pescatori di Gaza, soprattutto i pescatori del nord della Striscia di Gaza. Abbiamo figli che hanno bisogno di vestiti, scarpe, i bambini non conoscono i problemi, non comprendono perché non possono avere ciò di cui hanno bisogno. Ora sta arrivando l'inverno e non ho soldi per comprare nuovi vestiti", ci ha detto il padre di Ammar.

E' il secondo attacco israeliano nei confronti dei pescatori palestinesi a distanza di una settimana. Ed è il secondo attacco consecutivo contro pescatori su una imbarcazione senza motore a poche miglia (1-2 miglia) dalla costa a nord di Gaza. Sembra quindi che le forze israeliane, attraverso questi arresti contro civili intenti a svolgere il proprio lavoro, vogliano in tutti i modi impedire ai pescatori di accedere alle acque a nord della Striscia di Gaza. Il limite reale imposto da Israele sulle acque a nord di Gaza non è di 6 miglia nautiche dalla costa ma di 1-2 miglia nautiche. 



Background
Israele ha progressivamente imposto restrizioni ai pescatori palestinesi sull'accesso al mare. Le 20 miglia nautiche stabilite sotto gli accordi di Jericho nel 1994 tra Israele e l'Organizzazione di Liberazione della Palestina  (OLP), sono state ridotte a 12 miglia sotto l'Accordo Bertini nel 2002. Nel 2006, l'area acconsentita alla pesca è stata ridotta a 6 miglia nautiche dalla costa. A seguito della offensiva militare israeliana "Piombo Fuso" (2008-2009) Israele ha imposto un limite di 3 miglia nautiche dalla costa, impedendo ai palestinesi l'accesso all' 85% delle acque a cui hanno diritto secondo gli accordi di Jericho del 1994.
Gli accordi raggiunti tra Israele e la resistenza palestinese dopo l'offensiva militare israeliana di novembre 2012, "Pilastro di Difesa", hanno acconsentio ai pescatori di Gaza di raggiungere nuovamente le 6 miglia nautiche dalla costa. Nonostante questi accordi, la marina militare israeliana non ha cessato gli attacchi contro i pescatori di Gaza, anche all'interno di questo limite. A Marzo 2013, Israele ha imposto nuovamente un limite di 3 miglia nautiche dalla costa, affermando che tale decisione era stata presa a seguito dell'invio di alcuni razzi palestinesi verso il sul di Israele. Mercoledi' 22 maggio, le autorità militari israeliane hanno diffuso attraverso alcuni media la decisione di estendere nuovamente il limite a 6 miglia nautiche dalla costa.



giovedì 14 novembre 2013

Abdullah Abu Mneifi, 25 anni

Mercoledì 13 novembre un palestinese è rimasto ferito dal fuoco delle forze militari israeliane vicino il campo rifugiati di Maghazi, al centro della Striscia di Gaza. 

Abdullah Abu Mneifi, 25 anni, stava lavorando in un terreno agricolo con altri tre contadini a circa 600 metri dalla barriera di separazione.

Siamo andati a visitare Abdullah all'ospedale Shifa. Nella stanza in cui era ricoverato, vi erano alcuni zii ed un contadino presente al momento dell'aggressione militare.
Abdullah è un lavoratore che guadagna 30 Nis al giorno dal lavoro nei campi. 
I lavoratori sono abitutati a sentire gli spari, la presenza militare israeliana è costante nelle aree lungo il confine. 
Il testimone ci ha detto che hanno sentito improvvisamente tre spari, ed Abdullah è rimasto ferito alla spalla destra. Un altro proiettile era arrivato vicino i piedi. Erano circa le 14.50.
I contadini hanno trasportato Abdullah per circa 1 km prima di raggiungere la prima ambulanza che lo ha trasportato all' Aqsa Martyrs hospital in Deir El Balah.
Il testimone ci ha detto che non avevano visto soldati israeliani. C'erano veicoli militari muoversi. 

Nella stessa giornata, in Deir El Balah, un altro contadino è stato ferito dal fuoco israeliano alla gamba, è membro della famiglia Abu Daher ed è stato ricoverato all'Aqsa Martyrs hospital.

Abdullah è sposato ed ha due figli. Il lavoro nei campi rappresenta per lui l'unica fonte di sussistenza. 

Il proiettile è entrato ed uscito dalla spalla di Abdullah. Deve essere sottoposto ad un nuovo intervento chirurgico in quanto il proiettile ha causato la rottura di un nervo.

Rimarremo in contatto con la sua famiglia per essere aggiornati sulle sue condizioni.

Continuiamo a far sentire le voci di queste vittime nel silenzio internazionale. 

Dall'inizio del cessate il fuoco dopo l'offensiva militare israeliana "Pilastro di Difesa" nel mese di novembre 2012, le forze israeliane hanno ucciso 7 civili palestinesi e ferito almeno 130 persone nelle aree lungo il confine. Eppure, secondo quegli accordi, le forze israeliane avrebbero dovuto cessare gli attacchi aerei, via terra e via mare.
Un numero che sarà probabilmente destinato presto a salire quello dei feriti nelle terre lungo il confine, quando inizierà nuovamente la stagione della semina e molti contadini lavoreranno nelle loro terre agricole, terre che costituiscono per queste famiglie l'unica fonte di sussistenza.


Abdullah Abu Mneifi, 25 anni


report ospedaliero










mercoledì 13 novembre 2013

13 Novembre 2013 - La marina militare israeliana oggi è entrata nelle acque di Gaza fino a raggiungere il porto.
E' un atto gravissimo.
Nessun media ha riportato la notizia né fotografato o filmato.
Le uniche foto esistenti sono quelle che ho scattato. 
Ne pubblico qui alcune









martedì 12 novembre 2013

Mahmoud Abu Warda e Saddam Abu Warda



Domenica mattina 10 novembre, i due fratelli Saddam Abu Warda (23 anni) e Mahmoud Abu Warda (18 anni), sono stati arrestati dalla marina militare israeliana  nelle acque di Gaza e rilasciati in tarda serata. Mahmoud è rimasto ferito da un proiettile sul lato destro dell'addome. 

Siamo andati a trovare i due giovani pescatori nella loro abitazione nella città di Jabalia, nel nord della Striscia di Gaza. 
In mancanza di elettricità, la casa era al buio, come la maggior parte delle abitazioni della Striscia di Gaza soffocata dall'assedio e dalla grave crisi di carburante. E l'acqua, in manca di elettricità, non poteva raggiungere l'abitazione.

"Abbiamo lanciato le reti in mare ad una distanza di circa 400 metri dalla zona marittima vietata ed eravamo lontani dalle navi militari israliane", ha iniziato a raccontare Saddam.  I due pescatori stavano pescando su una piccola imbarcazione "hasaka" senza motore. 
Saddam ci ha riferito che una nave militare israeliana si è avvicinata ed i soldati hanno iniziato a gridare di andar va in meno di 5 minuti. "Abbiamo dovuto tagliare le nostre reti per scappare, i soldati della marina si erano avvicinati molto ed avevano iniziato a sparare contro la nostra barca", ha proseguito Saddam. 
I due pescatori, sulla barca senza motore, non erano in grado scappare. I soldati della marina militare israeliana hanno chiesto ai due pescatori di spogliarsi e di tuffarsi in acqua e nel frattempo continuavano ad aprire il fuoco. "Ero scioccato, non riuscivo a muovermi, continuavano a sparare e pensavo che 
sarei stato ucciso", ci ha detto Saddam. 
Mentre ascoltavamo la testimonianza di Saddam, caccia F-16 volavano a quota bassa sopra le nostre teste come una minaccia costante nell'oscurità.
"Ho gridato chiedendo ai soldati di smettere di sparare e di salvare le nostre vite", ha detto Saddam. 
Secondo il suo racconto, un'altra nave militare israeliana ha raggiunto poi la loro piccola barca ed ha attaccato i pescatori con cannonate di acqua. I due pescatori si sono tuffati in acqua. "Tre navi militari israeliane erano attorno a noi, la nostra barca era diventata ormai distante, e l'acqua era fredda", ha continuato a raccontare Saddam. Saddam ci ha detto che i soldati hanno chiesto loro di nuotare fino alla zona marittima non consentita, ovvero oltre le 6 miglia nautiche
"Ero spaventato, mio fratello era distante da me ed i soldati continuavano a sparare, era stato ferito, non poteva nuotare. L'ho raggiunto per salvarlo, il suo sangue nel mare. Due gommoni israeliani ci hanno raggiunti, i soldati hanno preso mio fratello Mahmoud ed hanno chiuso la sua ferita per fermare l'emorragia. Non hanno preso anche me, mi hanno lasciato in acqua. Mi hanno chiesto di nuotare fino a raggiungere l'indicatore che delimita la zona marittima consentita, poi mi hanno preso. Mi hanno incappucciato, non potevo vedere più nulla. Hanno puntato un'arma alla mia testa ed hanno ammanettato le mie mani ed i miei piedi. Mi hanno colpito con dei calci alla schiena. Poi ho perso i sensi per circa un'ora, non ricordo più nulla", ha continuato a raccontare Saddam. I due pescatori sono stati trasportati in Israele in un centro medico nel porto di Ashdod. "Quando mi sono svegliato ho visto mio fratello accanto a me. Due soldati poi mi hanno portato in una stanza speciale e mi hanno interrogato. Gli investigatori mi hanno chiesto perché stavamo pescando nell'area marittima non consentita. Ho risposto loro che ci trovavamo a 500 metri di distanza dall'area non consentita e che i soldati ci hanno forzati a nuotare fino a raggiungere l'area non consentita. Un investigatore mi ha chiesto se mio fratello non fosse stato ferito dai soldati israeliani, mi ha chiesto come fosse rimasto ferito. Io gli ho risposto che mio fratello era stato ferito dai soldati, ma l'investigatore cercava di convincermi che Mahmoud non era stato ferito dai soldati.  Io allora gli ho detto che tre navi israeliane spravano sopra le nostre teste e che il sangue di mio fratello era ovunque nel mare!". Il racconto di Saddam è straziante, e lui era emotivamente provato da questa esperienza. 
Gli investigatori hanno poi mostrato a Saddam una mappa su un laptop che mostrava che la loro barca si trovava nell'area marittima non consentita. Gli investigatori hanno interrogato i due pescatori individualmente. Dopo gli interrogatori, i due fratelli sono stati trattenuti in un'altra stanza, ed a fine giornata sono stati trasferiti ad Erez, dove sono stati sottoposti ad un altro interrogatorio. "Mi hanno chiesto della mia famiglia, dei miei vicini di casa, dei pescatori, e di ogni dettaglio della mia vita. Poi mi hanno mostrato una mappa e mi hanno chiesto informazioni di ogni casa attorno alla mia abitazione, mi hanno chiesto quante barche avessi e mi hanno detto che se torno a pescare nell'area non consentita mi arresteranno di nuovo", ci ha raccontanto Saddam. 
Nel porto israeliano di Ashdod ora ci sono 3 barche appartenenti alla famiglia di Saddam. In passato infatti altri membri della famiglia erano stati arrestati. 
Ora non hanno più una barca con cui andare a pescare.
Dopo l'interrogatorio, i pescatori sono stati trattenuti due ore in una stanza prima di essere rilasciati attraverso il valico di Erez in tarda serata.

La famiglia di Saddam, composta da 15 membri, sopravvive con la pesca. Anche gli altri 8 fratelli sono pescatori. Non hanno altre fonti di reddito, e non credono che avranno indietro la loro barca.
Mahmoud ci ha mostrato la ferita sulla parte destra dell'addome. Il proiettile miracolosamente non è  entrato all'interno del corpo ma l'ha sfiorato. I dottori nel centro medico di Ashdod hanno chiuso la sua ferita con due punti. 
Anche Mahmoud ci ha riferito del maltrattamento verbale e fisico da parte dei soldati israeliani.
Gli abbiamo chiesto se tornerà a pescare. "Certo, non abbiamo altra scelta, dobbiamo affrontare il pericolo".
Ciò che questi pescatori guardagnano permette loro solo di sopravvivere. A volte tornano a casa senza alcun guadagno. 
A volte, ciò che questi pescatori guadagnano copre solo le spese del carburante.

I pescatori ci hanno detto che vorrebbero un maggior supporto da parte delle associazioni internazionali, soprattutto nel nord della Striscia di Gaza. Qui, dove gli attacchi sono più frequenti, la maggior parte dei pescatori hanno perso le proprie barche. 

Noi continuiamo a sperare che un giorno la comunità internazionale rompa il silenzio affinché Israele smetta di attaccare i pescatori di Gaza e rilasci tutte le barche confiscate.


i due fratelli Mahmoud Abu Warda e Saddam Abu Warda

la ferita di Mahmoud Abu Warda


Background 

Israele ha progressivamente imposto restrizioni ai pescatori palestinesi sull'accesso al mare. Le 20 miglia nautiche stabilite sotto gli accordi di Jericho nel 1994 tra Israele e l'Organizzazione di Liberazione della Palestina  (OLP), sono state ridotte a 12 miglia sotto l'Accordo Bertini nel 2002. Nel 2006, l'area acconsentita alla pesca è stata ridotta a 6 miglia nautiche dalla costa. A seguito della offensiva militare israeliana "Piombo Fuso" (2008-2009) Israele ha imposto un limite di 3 miglia nautiche dalla costa, impedendo ai palestinesi l'accesso all' 85% delle acque a cui hanno diritto secondo gli accordi di Jericho del 1994.
Gli accordi raggiunti tra Israele e la resistenza palestinese dopo l'offensiva militare israeliana di novembre 2012, "Pilastro di Difesa", hanno acconsentio ai pescatori di Gaza di raggiungere nuovamente le 6 miglia nautiche dalla costa. Nonostante questi accordi, la marina militare israeliana non ha cessato gli attacchi contro i pescatori di Gaza, anche all'interno di questo limite. A Marzo 2013, Israele ha imposto nuovamente un limite di 3 miglia nautiche dalla costa, affermando che tale decisione era stata presa a seguito dell'invio di alcuni razzi palestinesi verso il sul di Israele. Mercoledi' 22 maggio, le autorità militari israeliane hanno diffuso attraverso alcuni media la decisione di estendere nuovamente il limite a 6 miglia nautiche dalla costa.