giovedì 23 gennaio 2014

Ahmad Kamal Abo Warda e Yousef Amin Abo Warda (photo by Charlie Andreasson)


Yousef Amin Abo Warda, 18 anni, e suo cugino Ahmad Kamal Abo Warda, 16 anni, verso le 6 del mattino di lunedì, erano usciti di casa per andare a pescare con la loro piccola barca senza motore.
Verso le 7.30 stavano pescando nelle acque di fronte ad un'area chiamata Al Waha, nel nord della Striscia di Gaza, ed avevano lanciato le reti  a circa 3 kilometri di distanza dalla costa (circa 1.6 miglia nautiche).

L'arresto

Yousef ci ha raccontato che due navi grandi della marina militare israeliana si sono avvicinate alle  imbarcazioni dei pescatori. Mentre gli altri pescatori hanno potuto scappare, per Yousef e Ahmad è stato impossibile a bordo della loro barca senza motore e resa pesante dell'acqua di mare che penetrava attraverso un foro. 
"I soldati da una delle navi militari hanno iniziato a sparare in acqua, mentre la seconda nave girava attorno a noi velocemente per creare delle onde", ci ha detto Yousef.
I soldati, come usano fare, hanno chiesto ai due giovani pescatori di svestirsi, tuffarsi in acqua e raggiungere a nuoto la nave israeliana.
"Cercavo di avvicinarmi alla loro nave nuotando, ma la nave si allontanava, così per me diventava dura. Ho gridato muovendo le mie braccia che ero stanco, che non potevo più nuotare. La nave si è fermata. Sono andato direttamente alla scala che hanno tirato giù e sono salito a bordo", ci ha raccontato Yousef.
"Mi hanno fatto inginocchiare ed hanno ammanettato le mie mani dietro la schiena. Poi mi hanno dato dei vestiti e mi hanno aiutato ad indossarli. Hanno gridato a mio cugino Ahmad di nuotare verso la nave. Dopo circa una mezz'ora Ahmad era seduto dietro di me, entrambi eravamo con mani e piedi legati", ha aggiunto Yousef. I soldati hanno anche colpito alla schiena i due pescatori con dei calci. 

L'arrivo al porto di Ashdod
Dopo circa un'ora e trenta, la nave ha raggiunto il porto israeliano di Ashdod. I soldati hanno sbendato e tolto le manette ai due pescatori per permettere loro di scendere dalla nave.Una volta a terra, i pescatori sono stati nuovamente ammanettati e bendati.
Sono state chieste loro le generalità, il loro nome, il luogo di residenza, la data di nascita, il numero di telefono. I soldati hanno scritto queste informazioni in ebraico su un foglio. Hanno chiesto a Yousef di tenere il foglio tra le mani e gli hanno scattato una fotografia.Yousef  ed Ahmad sono rimasti in due stanze separate per circa 3 ore.
"Successivamente, alcuni soldati mi hanno portato nella stanza dove era detenuto Ahmad. Ci hanno lasciati in una stanza ammanettati per altre tre ore. Poi ci hanno fatti salire su una jeep e ci hanno portati ad Erez", ci ha detto Yousef.

Erez ed il lungo interrogatorio
In Erez i due pescatori sono stati portati in una stanza ed interrogati separatamente.
L'investigatore ha chiesto ad Yousef del suo nome, della sua famiglia, dei suoi fratelli, dell'età dei suoi parenti, del lavoro ed altre informazioni personali. "L'investigatore mi ha mostrato una mappa al computer che mostrava la città di Jabalia, mi ha detto il nome delle strade con dettagli specifici. Mi ha chiesto di selezionare la mia casa. Mi ha mostrato una casa dove ci sono persone che lavorano per Hamas e le brigate Al Qassam, e mi ha chiesto se li conosco. Gli ho detto di no. Poi mi ha mostrato altre case di persone legate ad Hamas, me ne ha mostrate più di due. Stava tentando di ottenere informazioni da me. Gli ho detto che non sapevo niente. Mi ha detto 'Hai paura? Se in un posto al sicuro e puoi dirci qualsiasi cosa. Questa gente (Hamas) sta cercando di distruggere la tua vita, sono dei terroristi', mi ha detto l'investigatore. Mi ha mostrato circa 6 famiglie che vivono nel mio quartiere", ci ha detto Yousef.
L'investigatore gli ha poi mostrato la spiaggia ed ha chiesto ad Yousef dove tiene la sua barca ed in quale punto della spiaggia lavora. L'investigatore ha chiesto ad Yousef anche di un sito della polizia nell'area e di quante persone ci lavorano. Yousef gli ha risposto che conosce solo i due poliziotti ai quali i pescatori mostrano in spiaggia i loro permessi e che non si recano ai siti governativi. L'investigatore ha chiesto ad Yousef di un sito di allenamento delle brigate Al Qassam, Yousef gli ha risposto di non sapere nulla. 
"L'investigatore mi ha poi mostrato foto di alcune hasaka (piccole barche da pesca) e mi ha chiesto a chi appartenessero, e mi ha chiesto di alcune caffetterie sulla spiaggia e del porto, gli ho detto di non sapere nulla sul porto e che non vado lì. L'investigatore mi ha chiesto 'Nel campo rifugiati di Jabalia c'è un sito che appartiene ad Hamas?' , gli ho detto di non sapere", ci ha raccontato Yousef.
Sembra che i soldati abbiano tentato di approfittarsi della sua giovane età esercitando su di lui molta pressione attraverso queste domande.
"L'investigatore mi ha chiesto cosa ne pensassi di Al Sisi (il generale egiziano a capo delle forze armate egiziane) e come è il rapporto tra Hamas ed Al Sisi. Gli ho risposto che io non seguo le notizie o la politica, gli ho detto che io vado a pescare e torno a casa", ci ha raccontato Yousef.
Le domande dell'investigatore rasentavano il ridicolo, tanto che un timido sorriso è apparso sul viso di tutti  noi nonostante la tragicità della situazione. 
"L'investigatore mi ha detto 'Se ti trovi vicino il confine e vieni ferito dall'esercito, chi rimproveresti e riterresti responsabile?', 'Voi siete responsabili', gli ho detto. E lui mi ha risposto 'Hamas dovrebbe essere rimproverato, non noi'. L'investigatore poi mi ha chiesto 'Cosa pensi dell'attuale governo di Hamas e come lo giudichi in paragone con Fatah? Ti senti a tuo agio? Perché lo avete eletto? Eravate felici sotto il governo israeliano. Molti palestinesi venivano qui a lavorare ed avevano soldi. Puoi paragonare la vostra vita attuale a quella in cui Israele controllava Gaza'. 'Io ho solo 18 anni - gli ho detto - non lo posso sapere e non sono mai andato in Israele'. 
L'investigatore ha chiesto poi ad Yousef informazioni sui tunnels, Yousef gli ha risposto che lui è solo un pescatore e non ne ha mai visto uno. Infine, l'investigatore gli ha chiesto se si sentiva affamato. Yousef ha detto di sì. I soldati gli hanno portato un sandwich shawarma ed una Coca-Cola.
Poi Yousef è stato portato in un'altra stanza ed  rimasto lì un'ora. Nel frattempo gli investigatori hanno interrogato suo cugino Ahmad. I soldati hanno poi accompagnato i due giovani pescatori al gate di Erez ed hanno detto loro di tornare nella Striscia di Gaza. 
"Hanno chiuso la porta del gate alle nostre spalle. C'è una grande distanza tra il gate di uscita di Erez e il gate di ingresso palestinese, a piedi bisogna camminare almeno 30 minuti. Noi quasi correvamo, anche perché avevamo freddo".

Possiami immaginarli, questi due ragazzini, correre nel freddo della notte per tornare a casa quanto prima.

I parenti dei due ragazzi, spaventati per la mancanza di notizie, avevano cercato di contattare la Croce Rossa Internazionali ed altre associazioni. Avevano anche chiesto ad alcuni pescatori di cercarli in mare. Ma solo verso le 23.00 la Croce Rossa Internazionale aveva comunicato loro che i due erano stati arrestati. 

Escalation
I pescatori ci hanno confermato che dall'inizio del 2014 vi è un aumento degli attacchi contro i pescatori di Gaza e la situazione peggiora di giorno in giorno. Secondo i pescatori, le forze militari israeliane aumentano gli attacchi nelle stagioni della pesca per impedire ai pescatori di pescare.

Perdita e speranza
La grande famiglia Abo Warda, il cui nome è utilizzato anche per indicare il quartiere in cui questa famiglia abita, conta circa 35 pescatori, di cui circa la metà sono stati arrestati.
Nel mese di novembre avevamo incontrato altri due giovani della stessa familglia, Saddam e Mahmoud Abo Warda, che erano stati arrestati ed uno ferito di striscio da un proiettile all'addome. Anche loro erano stati attaccati mentre pescavano su una barca senza motore e quindi impossibilitati a scappare.
Diverse barche di questa famiglia sono state confiscate e si trovano attualmente nel porto israeliano di Ashdod.
Yousef ed Ahmad hanno perso le reti, oltre che la barca.
"Prima avevamo tre barche con le reti, ora alla mia famiglia è rimasta solo una barca e senza reti. Chiedo alla comunità internazionale di fermare questi attacchi israeliani", ci ha detto Yousef. 
"Otto persone in questa casa sono pescatori, una delle nostre barche è stata danneggiata durante l' offensiva israeliana "Operazione Pilastro di Difesa" nel novembre 2012, non possimo aggiustarla e dobbiamo comprare nuove reti", ci ha detto Mahmoud, un altro pescatore presente durante l'incontro.

Background
Israele ha progressivamente imposto restrizioni ai pescatori palestinesi sull'accesso al mare. Le 20 miglia nautiche stabilite sotto gli accordi di Jericho nel 1994 tra Israele e l'Organizzazione di Liberazione della Palestina  (OLP), sono state ridotte a 12 miglia sotto l'Accordo Bertini nel 2002. Nel 2006, l'area acconsentita alla pesca è stata ridotta a 6 miglia nautiche dalla costa. A seguito della offensiva militare israeliana "Piombo Fuso" (2008-2009) Israele ha imposto un limite di 3 miglia nautiche dalla costa, impedendo ai palestinesi l'accesso all' 85% delle acque a cui hanno diritto secondo gli accordi di Jericho del 1994.
Gli accordi raggiunti tra Israele e la resistenza palestinese dopo l'offensiva militare israeliana di novembre 2012, "Pilastro di Difesa", hanno acconsentio ai pescatori di Gaza di raggiungere nuovamente le 6 miglia nautiche dalla costa. Nonostante questi accordi, la marina militare israeliana non ha cessato gli attacchi contro i pescatori di Gaza, anche all'interno di questo limite. A Marzo 2013, Israele ha imposto nuovamente un limite di 3 miglia nautiche dalla costa, affermando che tale decisione era stata presa a seguito dell'invio di alcuni razzi palestinesi verso il sul di Israele. Mercoledi' 22 maggio, le autorità militari israeliane hanno diffuso attraverso alcuni media la decisione di estendere nuovamente il limite a 6 miglia nautiche dalla costa.


Yousef Amin Abo Warda, 18 anni (photo by Rosa Schiano)



venerdì 10 gennaio 2014

Mercoledi 8 gennaio, Mohammed Khader Al Sultan, pescatore palestinese di 27 anni, era stato arrestato dalla marina militare israeliana mentre pescava nelle acque di Gaza con i sue due fratelli Hamdi ed Ahmad su una piccola imbarcazione a motore chiamata "hasaka".
Mohammed è stato rilasciato la sera dello stesso giorno dalle autorità israeliane.

Siamo andati ad incontrarlo nella sua abitazione in Beit Lahia, nel nord della Striscia di Gaza.
"Eravamo andati a pescare verso le 6 del mattino. Verso le 8.40 due motoscafi israeliani si sono avvicinati alla nostra barca ed i soldati hanno iniziato a sparare in acqua", ci ha raccontato Mohammed.
I tre fratelli pescatori si trovavano a meno di un miglio nautico dalla costa di Soudanya, nel nord di Gaza. 

I soldati israeliani hanno gridato loro di fermare il motore e si sono avvicinati alla parte frontale della barca.
'Fermate il motore, avvicinatevi, alzate le mani', hanno gridato ai pescatori. 
"Poi ci hanno chiesto di tuffarci in acqua. Ho detto loro che mio fratello era troppo giovane, non poteva nuotare. Mi sono spogliato e mi sono tuffato in acqua. I soldati mi hanno poi tirato a bordo del motoscafo. Uno dei soldati mi ha chiesto degli altri due pescatori. Gli ho risposto che quello giovane non poteva nuotare e l'altro era malato ed avrebbe rischiato la morte. 'Lascerò andare a casa i tuoi fratelli e prenderò te', mi ha detto".
I soldati gli hanno dato dei vestiti. Sul motoscafo i soldati hanno costretto poi Mohammed a tuffarsi di nuovo ed a nuotare fino a raggiungere una grande nave israeliana che si trovava a circa 90 metri di distanza. 
A bordo della nave, i soldati l'hanno bendato, l'hanno vestito, hanno ammanettato le sue mani ed i suoi piedi. "Poi non ho visto più cosa succedeva, non vedevo più nulla", ci ha detto Mohammed. Nel porto israeliano di Ashdod i soldati hanno smanettato i suoi piedi e l'hanno sbendato. Successivamente Mohammed è stato interrogato. Durante l'interrogatorio, i soldati hanno di nuovo ammanettato i suoi piedi e le sue mani.
C'erano due persone, una persona parlava arabo e l'altra parlava ebraico. Gli investigatori hanno chiesto a Mohammed il suo nome, la sua età, il suo numero di telefono, dettagli personali sui suoi fratelli e la sua famiglia ed altre informazioni personali. Successivamente lo hanno incappucciato e l' hanno lasciato in una stanza da solo per circa un'ora e mezza. "Poi sono venuti 5 soldati di cui uno parlava arabo. Mi ha detto 'Ti mostro delle foto e tu dimmi cosa vedi'. Mi ha chiesto in quale zona della spiaggia lavoro, lui mi mostrava immagini della spiaggia. Di ogni zona della spiaggia hanno delle foto. 'Seleziona una delle foto', mi ha detto. Gli ho mostrato una delle immagini della spiaggia in cui lavoro. L'investigatore mi ha chiesto di indicare un sito governativo vicino la spiaggia e mi ha chiesto quante persone ci lavorano. 'Non lo so, non conosco nessuno che lavora lì ', gli ho detto. Allora lui mi ha chiesto come fosse possibile che io non conoscessi nessuno se mi devo recare lì per prendere il mio permesso per lavorare come pescatore. Gli ho detto che conosco solo due persone che sono venute sulla spiaggia al di fuori del sito governativo. Poi l'investigatore mi ha chiesto di un altro sito governativo della protezione civile. Mi ha chiesto se i poliziotti lì avessero armi. Gli ho detto che non sapevo, che alcuni le hanno ed altri no. Infine il soldato mi ha detto 'Grazie per il tuo aiuto." C'era un filo di ironia nell'ultima parte del racconto di Mohammed. Il tutto, dall'arresto all'interrogatorio, sembra un paradosso, il tutto è assolutamente umanamente inaccettabile. "Successivamente mi hanno forzato a parlare con una persona al telefono che mi ha chiesto di nuovo il mio nome, informazioni personali, il numero della mia carta di identità. Mi hanno lasciato solo per due ore. Poi i soldati sono tornati con un foglio su cui era scritto in ebraico. Mi hanno tolto il cappuccio e mi hanno fatto indossare dei bei vestiti. Mi hanno chiesto di tenere il foglio in mano e mi hanno scattato una foto".
Non sappiamo cosa ci fosse scritto su quel foglio. Secondo un altro pescatore presente nel nostro incontro, si tratterebbe di un report medico sulle condizioni di salute che gli israeliani possono utilizzare nelle cause contro di loro in tribunale. Le umiliazioni sono proseguite. "Hanno coperto il mio viso di nuovo e mi hanno lasciato così un paio di ore,mi hanno messo manette di plastica e mi hanno fatto spogliare. Un soldato mi ha chiesto di alzarmi e di sedermi per tre volte. Poi mi hanno fatto indossare di nuovo i vestiti. Mi hanno ammanettato, incappucciato e portato con una macchina al valico di Erez. Erano circa le 18.10", ci ha raccontato Mohammed.

Mohammed è sposato, ha una figlia di 2 anni ed un bambino di 4 anni. Vive in una piccola abitazione di due stanze, in attesa di muoversi presso una nuova abitazione in costruzione. "A causa dell'assedio mancano i materiali da costruzione", ci ha detto un suo parente.
La pesca è per loro, come per centinaia di famiglie palestinesi, l'unica fonte di sussistenza. 

Appare chiaro che attraverso questi attacchi le forze militari israeliane stiano restingendo sempre di più l'area acconsentita alla pesca  impedendo ai pescatori di accedere alle acque a nord della Striscia di Gaza. Il limite reale imposto da Israele sulle acque a nord di Gaza non è di 6 miglia nautiche dalla costa ma di 1-2 miglia nautiche. 

Inoltre appare chiaro che attraverso questi arresti, o meglio dire rapimenti, dei pescatori palestinesi da parte delle forze israeliane di occupazione, le autorità israeliane cercano di ottenere informazioni su persone e luoghi della Striscia di Gaza cercando in tutti i modi di trovare dei collaborazionisti.


Background
Israele ha progressivamente imposto restrizioni ai pescatori palestinesi sull'accesso al mare. Le 20 miglia nautiche stabilite sotto gli accordi di Jericho nel 1994 tra Israele e l'Organizzazione di Liberazione della Palestina  (OLP), sono state ridotte a 12 miglia sotto l'Accordo Bertini nel 2002. Nel 2006, l'area acconsentita alla pesca è stata ridotta a 6 miglia nautiche dalla costa. A seguito della offensiva militare israeliana "Piombo Fuso" (2008-2009) Israele ha imposto un limite di 3 miglia nautiche dalla costa, impedendo ai palestinesi l'accesso all' 85% delle acque a cui hanno diritto secondo gli accordi di Jericho del 1994.
Gli accordi raggiunti tra Israele e la resistenza palestinese dopo l'offensiva militare israeliana di novembre 2012, "Pilastro di Difesa", hanno acconsentio ai pescatori di Gaza di raggiungere nuovamente le 6 miglia nautiche dalla costa. Nonostante questi accordi, la marina militare israeliana non ha cessato gli attacchi contro i pescatori di Gaza, anche all'interno di questo limite. A Marzo 2013, Israele ha imposto nuovamente un limite di 3 miglia nautiche dalla costa, affermando che tale decisione era stata presa a seguito dell'invio di alcuni razzi palestinesi verso il sul di Israele. Mercoledi' 22 maggio, le autorità militari israeliane hanno diffuso attraverso alcuni media la decisione di estendere nuovamente il limite a 6 miglia nautiche dalla costa.




Mohammed Khader Al Sultan con i suoi fratelli Hamdi ed Ahmad

sabato 4 gennaio 2014

Adnan Abu Khater, di anni 17, era rimasto ferito il pomeriggio di giovedì 2 gennaio dal fuoco dell'esercito israeliano lungo il confine ad est di Jabalia, nel nord di Gaza. Era stato trasportato all'ospedale Kamal Odwan in condizioni critiche. Dal Kamal Odwan hospital è stato trasferito allo Shifa hospital in Gaza city per essere operato. Data la gravità delle sue condizioni e l'impossibilità di curarlo nella Striscia per mancanza di attrezzature, è stato chiesto il coordinamento per l\attraversamento del valico di Erez ed il ricovero in un ospedale israeliano. Purtroppo, durante il percorso, il giovane è morto, all'altezza del valico di Erez. 
In ospedale abbiamo incontrato uno dei fratelli del giovane deceduto ai quali i dottori stavano ingessando un braccio. L'uomo era visibilmente scioccato. Abbiamo preferito di visitare la famiglia del giovane nei prossimi giorni.

Ieri 3 gennario, mentre ci trovavamo in ospedale per parlare con i dottori, un altro giovane veniva ferito nella stessa area lungo il confine ad est di Jabalia. Il giovane è stato trasportato in ospedale. Il suo nome è Khaled Ibrahim Owda, di anni 21. Il proiettile l'ha colpito alla gamba destra. Il giovane ci ha detto che stava pregando con altre persone presso il cimitero di Jabalia quando i soldati israeliani hanno aperto il fuoco. L'ambulanza non ha potuto raggiungere il posto. Il giovane è stato trasportato su un "tuk tuk" fino a raggiungere l'ambulanza. Le sue condizioni sono buone e la ferita è leggera.

Abbiamo successivamente lasciato l'ospedale, ma mentre eravamo in auto, abbiamo ricevuto una chiamata che ci ha avvisati che un altro ferito era appena giunto in ospedale. Velocemente siamo tornati verso l'ospedale.

Thaer Mohammed Rabaa, di anni 25, era rimasto ferito dal fuoco dell'esercito israeliano nello stesso posto dei casi precedenti, lungo il confine ad est di Jabalia. Il proiettile ha colpito Thaer al fianco sinistro. Il proeittile è entrato ed uscito. Gli infermieri ci hanno detto che le sue condizioni sono stabili. Fuori la sala in cui era stato ricoverato vi erano una decina di parenti e sua madre visibilmente scioccata. 
Alcuni parenti ci hanno detto che i ragazzi stavano lanciando pietre contro i soldati, come usano fare ogni venerdì. Ed infatti, sono molti i giovani che rimangono feriti o uccisi dall'esercito il venerdi pomeriggio lungo il confine. "Stavano gareggiando a chi si avvicinava di più alla barriera di separazione", ci ha detto un parente di Thaer. Purtroppo le forze israeliane sparano indiscriminatamente su questi giovani presi dal desiderio di sfidare l'occupazione militare.
Oggi siamo tornati in ospedale per visitare Thaer. Ci ha detto che si trovava in terreno accanto al cimitero ad est di Jabalia, a circa 300 metri di distanza dalla barriera di separazione. Ci ha detto che i soldati israeliani hanno raggiunto il confine con una jeep ed hanno aperto il fuoco sui giovani. Thaer ci ha anche detto che alcuni soldati stavano lanciando gas lacrimogeni ad un gruppo di ragazzi che lanciavano pietre. 

Sempre all'alba di ieri 3 gennaio l'aviazione militare israeliana aveva condotto diverse incursioni aeree colpendo terreni agricoli in diversi punti della Striscia. Le autorità israeliane avevano anche inspiegabilmente chiuso alla stampa il valico di Erez.

Thaer Mohammed Rabaa, 25 anni


la ferita da arma da fuoco sul fianco sinistro di Thaer Mohammed Rabaa, 25 anni

Khaled Ibrahim Owda, 21 anni