Mahmoud Mohammed Zayed, 25 anni, e suo fratello Khaled, 24 anni, sono due giovani pescatori di Gaza. Verso le 21:00 di domenica 19 Maggio 2013, stavano pescando sulla loro piccola imbarcazione a remi nelle acque a nord di Gaza, di fronte la spiaggia di Beit Lahiya. Le forze navali israeliane, dopo aver attaccato i pescatori con colpi di arma da fuoco, li hanno arrestati e portati nel porto di Ashdod in Israele. I soldati israeliani hanno confiscato la loro barca e le reti ed hanno rilasciato i due pescatori la mattina del giorno successivo, lunedi 20 maggio.
Abbiamo incontrato Mahmoud e suo fratello Khaled nell' ufficio dell' Uawc (Union of Agricultural WorkCommittes), che si occupa di supportare con progetti ed iniziative contadini e pescatori in Gaza e nei Territori Occupati.
Il viso di Mahmoud mi era familiare.
Mentre cercavo di ricordare dove ci eravamo incontrati, lui mi ha detto che mi aveva vista nella scuola dell' Unrwa durante l'offensiva militare di novembre 2012, quando l'aviazione militare israeliana ha lanciato migliaia di volantini attraverso cui intimava la popolazione a lasciare le proprie case e centinaia di famiglie residenti nel nord della Striscia di Gaza sono state costrette a lasciare le proprie abitazioni e a rifugiarsi nelle scuole dell' Unrwa in Gaza city. Raccolti a terra su materassi e coperte, si era uniti nella paura. La casa di Mahmoud poi e' stata danneggiata dai bombardamenti.
Eppure ricordavo di aver visto Mahmoud anche in un'altra occasione. Ecco, lo scorso febbraio 2012, avevo incontrato un altro membro della sua famiglia, Ahmed Zayed, anche lui arrestato dalla marina militare israeliana mentre pescava nelle acque a nord di Gaza.
E quando penso ai pescatori di Beit Lahiya, non posso non ricordare il volto di Fahmy Abu Ryash, pescatore di 23 anni ucciso il 28 settembre da un soldato israeliano mentre pescava sulla spiagga. Ucciso da proiettili ad espansione che gli hanno distrutto gli organi interni. Ho chiesto a Mahomud se l'avesse conosciuto. Mahmoud mi ha detto che tante volte avevano pescato insieme.
E cosi' qui si mischiano ricordi, esperienze comuni, che ci uniscono in un sentimento profondo di legame fraterno.
Penso allora alla vita di queste persone, scandita da lutti, da ferite, dalla resistenza quotidiana, dalla ricerca della libertà, dalla lotta per il diritto alla vita.
Mahmoud così ha iniziato a raccontarci ciò che è successo domenica: «Siamo andati a pescare verso le 17.30, con la nostra piccola barca a remi. Eravamo a circa mezzo miglio di distanza dalla spiaggia di Beit Lahiya, insieme ad altre imbarcazioni. Verso le 21.00 due motoscafi hanno iniziato ad attaccare noi e gli altri pescatori con colpi di arma da fuoco. L'attacco è durato quasi un'ora. Successivamente i soldati si sono avvicinati alla nostra barca, hanno iniziato a girare attorno a noi per creare delle onde e ci hanno gridato di fermare la barca. Abbiamo risposto che saremmo tornati a casa. C'erano 5 soldati su ogni motoscafo.
Siamo caduti in acqua, poi siamo risaliti a bordo. Khaled si è sentito male. Poi due soldati ci hanno arrestati».
Mahmoud ci ha spiegato che di solito ai pescatori viene chiesto di spogliarsi, di tuffarsi in acqua e di raggiungere a nuoto la nave israeliana. Questa volta invece i due pescatori sono stati arrestati direttamente dalla loro barca.
Una volta saliti a bordo della nave israeliana, i due pescatori sono stati bendati, ammanettati, spogliati e sono stati dati loro una maglia gialla ed un pantalone blu.
"La cosa strana - ci ha raccontato Mahmoud - è che i soldati mi hanno chiesto perchè mio fratello Khaled fosse con me sulla barca. Khaled di solito pesca su un'altra barca a motore. Ma quando ha finito il suo lavoro è venuto con me per aiutarmi». Le domande dei soldati fanno capire quanto questi tengano sotto controllo la gente di Gaza e con quali scuse arrestino i pescatori. I soldati hanno poi chiesto loro il nome, la carta d'identità, il numero dell barca. I due pescatori sono stati poi portati al porto di Ashdod in Israele. Qui i due pescatori sono stati portati all' interno di una stanza dove è stato chiesto loro nome ed identità ed il numero di telefono. Un dottore ha controllato il loro stato di salute e visitato Khaled che era malato ed a cui e' stata fatta una iniezione. «Ho chiesto loro di togliere le manette perche' mi facevano male - ci ha raccontato Mahmoud - ma hanno rifiutato» . I due hanno poi trascorso la notte in prigione, ammanettati. Il mattino seguente, ai due pescatori, in manette, e' stato posto il proprio nome sulla maglietta e sono stati fotografati. Successivamente Mahmoud e' stato interrogato. I soldati gli hanno mostrato una mappa di Gaza, e gli hanno chiesto informazioni indicando alcuni punti sulla mappa, in particolare sull'area di Soudania, poi gli hanno chiesto da quale punto di Gaza salpa in mare, successivamente i soldati gli hanno mostrato una stazione di polizia ed una pompa idraulica. Mahmoud ha chiesto della sua barca, ma i soldati gli hanno detto che per riavere la sua barca deve rivolgersi ad un avvocato. I soldati sanno benissimo che i pescatori non hanno i soldi per poter permettersi un avvocato e neanche le spese per affrontare un processo. Dopo l'interrogatorio, che e' durato 30-40 minuti, Mahmoud e' stato bendato di nuovo. Dopo circa 15 minuti, i soldati hanno ammanettato anche le gambe dei pescatori, li hanno portati in una automobile della polizia e li hanno trasportati ad Erez, dove i due pescatori sono stati rilasciati senza soldi. I pescatori avevano 100 skhekels, soldi che avevano guadagnato con a la vendita del pesce il giorno precedente.
Abbiamo chiesto ai due pescatori cosa pensassero del nuovo limite di 6 miglia nautiche imposto da Israele. Ci hanno spiegato che è un buon passo, ma che a livello economico non c'è nessun cambiamento, fatta eccezione per il periodo della pesca delle sardine. Sulle 8 miglia infatti c'è una barriera rocciosa che impedisce l'ingresso ai pesci più grandi, per cui i pescatori dovrebbero pescare oltre le 8 miglia nautiche dalla costa.
I soldati israeliani hanno confiscato la barca dei due pescatori ed anche le reti, che erano nuove.
"Questa barca era la principale fonte di guadagno per noi", ci ha detto Mahmoud.
Entrambi sono spostati ed hanno entrambi un figlio. Vivono insieme ai loro genitori ed al resto della famiglia, che conta in tutto 13 membri. Tutta la loro famiglia dipende dall'attivita' della pesca. Ora solo suo padre e suo fratello possono pescare con un'altra barca.
Abbiamo chiesto a Mahmoud se vuole lasciare un messaggio ai nostri paesi. "Vorremmo di nuovo la nostra barca. Vorremmo che la marina militare israeliana cessi gli attacchi. Chiediamo alle persone dei vistri paesi di forzare il governo israeliano ad aprire il mare, a lasciarci pescare".
Bisogna notare che l'attacco è avvenuto entro le 3 miglia nautiche dalla costa.
Israele ha progressivamente imposto restrizioni ai pescatori palestinesi sull'accesso al mare. Le 20 miglia nautiche stabilite sotto gli accordi di Jericho nel 1994 tra Israele e l'Organizzazione di Liberazione della Palestina (OLP), sono state ridotte a 12 miglia sotto l'Accordo Bertini nel 2002. Nel 2006, l'area acconsentita alla pesca è stata ridotta a 6 miglia nautiche dalla costa. A seguito della offensiva militare israeliana "Piombo Fuso" (2008-2009) Israele ha imposto un limite di 3 miglia nautiche dalla costa, impedendo ai palestinesi l'accesso all' 85% delle acque a cui hanno diritto secondo gli accordi di Jericho del 1994.
Gli accordi raggiunti tra Israele e la resistenza palestinese dopo l'offensiva militare israeliana di novembre 2012, "Pilastro di Difesa", hanno acconsentio ai pescatori di Gaza di raggiugere nuovamente le 6 miglia nautiche dalla costa. Nonostante questi accordi, la marina militare israeliana non ha cessato gli attacchi contro i pescatori di Gaza, anche all'interno di questo limite. A Marzo 2013, Israele ha imposto nuovamente un limite di 3 miglia nautiche dalla costa, affermando che tale decisione era stata presa a seguito dell'invio di alcuni razzi palestinesi verso il sul di Israele. Mercoledi' 22 maggio, le autorità militari israeliane hanno diffuso attraverso alcuni media la decisione di estendere nuovamente il limite a 6 miglia nautiche dalla costa.
Ci uniamo all'appello dei pescatori e chiediamo ai nostri governi di pressare Israele affinché smetta di attaccare ed arrestare i pescatori palestinesi e perché consenta loro di pescare liberamente.