martedì 11 dicembre 2012

Giornalisti uccisi nell'Operazione Pillar of Cloud - Il prezzo per la verità


Tra le vittime della recente guerra israeliana contro Gaza, denominata "Pillar of cloud" (14 novembre 2012-21 novembre 2012) , vi sono anche tre giornalisti uccisi intenzionalmente e brutalmente in due attacchi martedì 20 novembre 2012. I giornalisti uccisi sono Hussam Mohammed Salama, 30 anni, Mahmoud Ali al-Koumi, 29 anni, uccisi in Gaza city, e Mohammed Mousa Abu Eisha, 24 anni, ucciso in Deir El Balah.

Quel pomeriggio di giovedì 20 novembre 2012, verso le 17.45, un aereo militare israeliano ha attaccato l'auto su cui viaggiavano Hussam Mohammed Salama e Mahmoud Ali al-Khoumi. I due non solo erano colleghi di lavoro, entrambi cameramen del canale televisivo al-Aqsa, erano anche amici. L'auto era chiaramente contrassegnata dalla scritta "TV", visibile anche agli aerei. I due si stavano dirigendo allo Shifa hospital per filmare l'arrivo in ospedale delle vittime degli attacchi israeliani. Proprio come io e molti fotografi/giornalisti palestinesi abbiamo fatto durante quei terribili giorni. Stessa strada, stessa voglia di testimoniare quell'orrore.


Hussam Mohammed Salama, 30 anni, Mahmoud Ali al-Koumi, 29 anni


Mohammed, il padre di Hussam, aveva gli occhi lucidi di pianto raccontando dell'attacco all'auto dove viaggiava il figlio. "Gli israeliani li hanno uccisi perché stavano testimoniando tutta la situazione. Dapprima hanno lanciato un missile, poi un secondo missile ha bruciato ogni cosa nell'auto, facendo in modo così che nessuno potesse rimanere vivo", mi racconta il padre di Hussam.
Sembra che l'aviazione militare israeliana abbia usato armi proibite dalla legge internazionale.
Il padre di Hussam racconta che il secondo missile era "silenzioso", non ha provocato alcun suono mentre arrivava sull'auto. I vigili del fuoco tentavano di spegnere il fuoco, hanno impiegato mezz'ora per estrapolare i corpi dall'auto. Il padre di Hussam racconta che quando poi ha posto una mano sul corpo del figlio, la sua mano era quasi bruciata. 
Il corpo del figlio era nero per le bruciature. "Non ho mostrato il suo viso alla madre ed alla moglie, ho coperto il suo corpo ed ho iniziato a piangere", continua il padre di Hussam.

"Voglio chiedere ad ogni persona di coscienza di giudicare chi ha li ha uccisi nelle corti di tutti il mondo, e mi rivolgo anche alle organizzazioni per i diritti umani, dove sono i diritti umani?", conclude il padre di Hussam.

Hussam Salama aveva 4 figli, Ayaa (4 anni), Hamza (8 mesi), Khitam (5 anni) e Mohammed (2 anni e mezzo). Bambini ora rimasti senza padre, ucciso perché testimoniava. Al figlio più grande, la famiglia ha detto che suo padre ora è andato in paradiso. La famiglia di Hussam non si aspettava una simile tragedia, non se l'aspettavano proprio perché Hussam era solo un giornalista. 

Quel giorno, Hussam era tornato a casa per prendere la batteria della videocamera, racconta suo padre. Due giorni prima era andato a girare un video presso l'abitazione della famiglia Al Dalu, distrutta da un bombardamento. "Era stato il primo ad arrivare sul posto - racconta il padre - per cercare di filmare quanto era avvenuto".

Tutte le organizzazioni per i diritti umani hanno visto quello che è successo. "In ogni paese, anche in America, quando uccidono qualcuno, non bruciano il corpo", continua Mohammed ricordando il corpo del figlio.

Ho fotografato il report dello Shifa hospital ed un certificato legale con i dati di Hussam. Sul suo corpo vi erano bruciature di 4°grado.





















Due missili hanno colpito l'auto su cui viaggiavano i due giornalisti.  Il secondo missile infatti, serviva solo a "bruciare" ciò che era all'interno dell'auto. Lanciare acqua provocava fuoco. Supponiamo siano state utilizzate armi proibite, armi all'uranio impoverito, armi probabilmente al fosforo bianco, durante quest'offensiva militare.
A questo proposito voglio invitare équipes di specialisti a condurre analisi per verificare le armi utilizzate.
Credo sia arrivato il momento di dire basta. Il silenzio internazionale non è che una vergognosa approvazione che consente ad Israele di utilizzare queste armi.

Successivamente sono salita al piano superiore dell'abitazione per salutare le donne della famiglia. Erano presenti anche mogli e madri di altre vittime di attacchi israeliani. La loro forza ed il loro coraggio è ammirevole. Ho incontrato anche i 4 bambini di Hussam, ora rimasti senza padre.

Ayaa (4 anni) ed Hamza (8 mesi)

Khitam (5 anni) e Mohammed (2 anni e mezzo)

Mohammed Salama, il padre di Hussam Mohammed Salama



Successivamente ho fatto visita alla famiglia di Mahmoud Ali al-Khoumi
Uno dei fratelli di Mahmoud , Belal, 24 anni, è infermiere presso lo Shifa hospital.
Si trovava nel reparto di Terapia Intensiva quando il corpo del fratello è stato portato in ospedale.

"Mahmoud era un fotografo. Nella sua vita lavorava come giornalista per la televisione Al-Aqsa - inizia a raccontare Belal - Durante l'ultima guerra, era tornato a casa solo 3-4 volte. Gli israeliani sapevano che l'auto sulla quale viaggiava era un'auto della televisione, c'era la scritta "TV" sull'auto".
Le autorità israeliane hanno comunicato di aver colpito l'auto dei due giornalisti perché i due sarebbero stati responsabili di lanci di missili verso Israele. Quando però è stato chiesto di fornire loro le prove di una simile accusa, non hanno fornito alcuna prova. Menzogne usate per giustificare i crimini contro l'umanità continuamente perpetrati dall'esercito israeliano.

Mahmoud aveva 3 figli piccoli, Hamza (5 anni), Ali (4 anni), Sohaib (2 anni), e sua moglie è incinta.
Hamza ha lo stesso nome della figlia del suo collega ucciso Hussam Salama. I due erano molto amici, oltre che colleghi, e per questo Mahmoud aveva chiamato sua figlia come la figlia di Hussam.

Suo fratello era un giornalista e "dovevano essere rispettati i suoi diritti come quelli di ogni giornalista", afferma Belal, che appellandosi ai paesi europei afferma che possiamo rivolgerci alle corti internazionali per giudicare gli assassini di suo fratello.
Conclude affermando che le organizzazioni locali per i diritti umani sono deboli, e c'è bisogno dell'intervento di organizzazioni internazionali per i diritti umani, che possano aver maggior peso.


Questi crimini hanno l'obiettivo di far tacere la stampa ed impedire ai giornalisti di riportare le violazioni dei diritti umani commessi dall'esercito israeliano contro i civili della Striscia di Gaza.

Due giorni prima dell'attacco sull'auto dei due giornalisti, il 18 novembre, 10 giornalisti erano rimasti feriti in un bombardamento che ha colpito gli uffici del canale al-Quds e della televisione al-Aqsa
Durante i giorni della guerra, molti sono stati gli attacchi contro televisioni, centri media, uffici stampa e stazioni radio per impedire la comunicazione.

Questo è il prezzo per la verità. A volte, per essere più sicuri, muovendoci verso o dallo Shifa hospital, abbiamo utilizzato una di quelle macchine marcate dalla scritta "TV", credendo erroneamente che la scritta "TV" ci avesse protetti dai bombardamenti... non sapendo che essere giornalisti significa costituire un target per l'esercito israeliano. 


Belal Ali al-Khoumi, 24 anni, fratello di Mahmoud Ali al-Khoumi




Il terzo giornalista è Mohammed Mousa Abu Eisha, 24 anni, ucciso in Deir El Balah.
Quello stesso pomeriggio del 20 novembre 2012, verso le 18.30-19.00,  dopo la preghiera in moschea, Mohammed stava tornando a casa con un amico, Hassan Yousef al-Ostaz, 22 anni.
Mousa Mahmoud Abu Eisha, 54 anni, padre di Mohammed Mousa, li aveva incontrati per strada.
"Dopo che li ho salutati, sono andato a casa, ed ho sentito un'enorme esplosione molto vicina", ha raccontato il padre di Mohammed. Il padre è andato velocemente sul posto, ed ha trovato i corpi di suo figlio e dell'amico. Un drone israeliano aveva lanciato un missile sui due giovani.
"Il corpo di Hassan era in pezzi - racconta Mousa, il padre di Mohammed - mentre Mohammed sanguinava dal naso e dagli occhi".  Mohammed era ancora vivo ma il padre sapendo che il figlio stava morendo, gli aveva chiesto di pronunciare la Shahadah, "La ilaha illa Allah, Mohammed rasul Allah" ("Non c'è nessuno meritevole di preghiera, eccetto Allah, Mohammed è il messaggero di Allah").
"Gli ho chiesto di pronunciare la Shahadah, lui l'ha pronunciata, e poi gli ho chiesto di salutare suo fratello. Mohammed ha accennato un sì muovendo gli occhi", continua a raccontare Mousa.
Il fratello di Mohammed, Emad, 18 anni, era un combattente, ed era stato ucciso nel 2002 in uno scontro a fuoco con i soldati israeliani.
Dopo circa 15 minuti, persone sono arrivate sul posto, poi è arrivata l'ambulanza, che ha trasferito Mohammed all' Al Aqsa Martyrs hospital, dove è morto dopo qualche minuto.

Mohammed Mousa Abu Eisha si era sposato 2 mesi e mezzo fa, e sua moglie è incinta.
Era manager della al-Quds Educational radio. Questa radio trasmette programmi educativi rivolti agli studenti.
Durante i giorni della guerra, i programmi si erano fermati e la radio trasmetteva la cronaca costante degli attacchi, minuto dopo minuto.
Le poche radio che durante la guerra trasmettevano informazioni degli attacchi erano necessarie per noi attivisti, per i giornalisti e per gli infermieri che potevano così prepararsi all'arrivo improvviso di vittime.
Senza le radio non avremmo potuto sapere degli attacchi che si susseguivano lungo tutta la Striscia di Gaza, e  non avremmo potuto comunicarli in tempo reale.
Un tale sistema informativo locale così veloce dava certamente fastidio alle Autorità israeliane, che non hanno esitato quindi a colpire radio, televisioni ed uffici dei media.

Nei giorni precedenti Israele aveva bombardato la Shrouk Tower, edificio dedicato ai media, ferendo molti giornalisti, nonché altri attacchi di cui ho parlato prima. Nel frattempo, forze israeliane avevano proseguito attacchi informatici contro siti di notizie palestinesi ed interferito in radio locali.


Mohammed Mousa Abu Eisha era consapevole che Israele avrebbe potuto bombardare gli uffici della sua radio, e per questo aveva detto ai giornalisti di evacuare gli uffici e di recarsi allo Shifa hospital, per essere in posto più sicuro.  Mohammed era stato uno dei fondatori della sua radio, che era nata circa un anno fa.
Il padre di Mohammed poi ha iniziato a descrivere quella giornata densa di bombardamenti, anche nell'area di Dei El Balah.

La radio di cui Mohammed era manager continuerà a lavorare, anche se la sua morte ha lasciato un grande vuoto. I suoi colleghi intitoleranno lo studio con il suo nome.

"E'stato uno shock per la madre e soprattutto per la sorella di Mohammed che a volte viene a visitare l'appartamento di suo fratello per salutarlo", prosegue  il padre.
Mohammed aveva 4 fratelli, di cui uno morto, e due sorelle.

Mousa poi ha ricordato di nuovo il corpo di suo figlio. "La temperatura del corpo era molto alta, è scesa solo dopo 10-15 minuti. Questo tipo di missili è nuovo, è proibito dalla legge internazionale". 

Di fronte all' impotenza davanti a tanti soprusi, e parlando del riconoscimento della Palestina come stato non-membro alle Nazioni Unite, il padre di Mohammed ha poi concluso: "Noi abbiamo uno stato ora, ma nei fatti, non l'abbiamo".

Noi speriamo che con organizzazioni internazionali ci si possa rivolgere alla corte penale internazionale.

Successivamente Mousa ci invita a visitare l'appartamento del figlio. Un appartamento nuovo, dal pavimento lucido, accogliente. Ci mostra le camere da letto, quella matrimoniale, e due camere per i figli che sarebbero nati dalla giovane famiglia una camera rosa per le figlie femmine ed una camera azzurra per i figli maschi.
Poi ci  mostra i vestiti di Mohammaed nell'armadio, la cucina, dove poi improvvisamente ha smesso di parlare ed i suoi occhi sono diventati gonfi di lacrime.
Quei figli non arriveranno più, perché Israele ha ucciso Mohammed.
"Prima, questo appartamento aveva sempre le luci accese, dopo la morte di Mohammed ho spento tutte le luci. Khalas, è finito tutto", ha detto Mousa.
In quell'appartamento nuovo ora rimane solo il silenzio ed il ricordo di una famiglia che non potrà mai esistere.
La moglie di Mohammed ora vive con la propria famiglia. Il bambino che ha in grembo nascerà senza padre.

Gli occhi gonfi di lacrime di Mousa provocavano dentro di me un misto di rabbia e di dolore immenso.
Dar loro voce è il minimo che io possa fare.
Noi continueremo il nostro lavoro di informazione, sempre, facendo  appello alle organizzazioni per i diritti umani perché presentino questi crimini alle corti penali internazionali.


Mousa Mahmoud Abu Eisha, 54 anni, accanto alla foto del figlio ucciso, Mohammed Mousa Abu Eisha, 24 anni

la stanza dell'appartamento di Mohammed destinata alle figlie che sarebbero nate

Mousa Mahmoud Abu Eisha nella stanza dedicata ai nipotini  maschi che sarebbero nati







Hussam Mohammed Salama, Mahmoud Ali al-Khoumi, Mohammed Mousa Abu Eisha


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