mercoledì 11 aprile 2012

Mahmoud, 19 anni, ucciso ad Erez nel Land Day tra sogni e speranze. Le parole della famiglia

Venerdì 30 marzo, nel Land Day, Gaza si è unita alla Global March to Jerusalem  in ricordo delle proteste contro la confisca delle terre palestinesi da parte di Israele del 30 marzo 1976 in cui 6 palestinesi furono uccisi e centinaia furono i feriti.
A Gaza questa giornata ha avuto il colore del sangue ed il suono dei proiettili israeliani.

Ci siamo ritrovati tutti in Beit Hanoun, per dirigerci al confine di Erez. Tante persone non hanno potuto proseguire la marcia a causa del blocco creato dalla polizia.
Tuttavia mentre eravamo lì abbiamo saputo che tanti ragazzi erano riusciti ad arrivare al confine, ed abbiamo saputo di feriti. E così, per vie alternative, superando il blocco, li abbiamo raggiunti.
Ciò che ho visto dopo è al limite della follia.

Un gruppo di giovani manifestavano cantando, alcuni semplicemente presidiavano, seduti o in piedi, altri tentavano di portar via una rete di filo spinato, alcuni tiravano pietre in segno di protesta, pietre che comunque non avrebbero potuto mai raggiungere i soldati israeliani né oltrepassare il confine.

Eppure, i soldati israeliani non hanno esitato. Hanno mirato. Hanno sparato. Precisamente.

I feriti si susseguivano. Il caos. Ragazzi in motocicletta portavano i feriti velocemente verso le ambulanze e poi tornavano indietro.

I soldati sparavano alle braccia, alle gambe.
Ho visto le smorfie di sofferenza, ho sentito le urla di dolore.

Anche Mahmoud Zaqout, 19 anni, era lì con noi.
Anche a Mahmoud hanno sparato. Ma è stato colpito dritto al petto.

Mahmoud avrebbe compito 20 anni il 19 aprile.

Dopo quella terribile giornata siamo andati a trovare la sua famiglia.
Mahmoud si era diplomato e lavorava nel suo negozio vicino casa.
Era un ragazzo calmo, un ragazzo amorevole, ci dice Mohammed, il padre, "Mahmoud aveva 19 anni ma era ancora un bambino".
Era amato molto dai bambini, e dai suoi fratelli e dalle sorelle, giocava sempre con loro.
Mahmoud era il decimo di 12 figli.

I genitori raccontano che Mahmoud si stava preparando per la manifestazione da due settimane. Teneva molto a fare qualcosa per la causa palestinese.
Quattro giorni prima si era scattato una fotografia ad aveva chiesto alla sua famiglia di utilizzare quella immagine nel caso in cui fosse stato ucciso.
La famiglia di Mahmoud pensava che stesse scherzando, che lo dicesse per gioco.
Non pensavano potesse accadere.
Forse invece Mahmoud se lo sentiva. O forse semplicemente sapeva che chi va al confine a manifestare rischia la vita sotto il bersaglio dei proiettili israeliani.

Venerdì, dopo la preghiera, Mahmoud è andato alla manifestazione.
La mamma ci racconta che prima di uscire le aveva detto: "Se torno tardi conservamo il pranzo".
Queste sono state le sue ultime parole rivolte alla madre.

Mahmoud stava cercando di porre una bandiera al gate quando è stato colpito da un proiettile israeliano.
E'stato trasportato al Kamal Odwan Hospital. Poi, essendo gravemente ferito, hanno cercato di trasportarlo allo Shifa Hospital, ma è morto prima.

Uno dei suoi fratelli ci mostra la bandiera ancora macchiata del suo sangue.
Chiediamo a Mohammed da chi suo figlio abbia ereditato questo sentimento di lotta e di resistenza. Il padre ci dice che la loro famiglia è originaria di Askilon. Mahmoud non è il primo martire della famiglia. Un suo zio era stato ucciso durante Piombo Fuso.
Mohammed ci dice che sentono di dover lottare per i loro diritti, per la loro libertà e per la giustizia.
Tutta la sua famiglia crede che un giorno i palestinesi ritornernarro nelle loro terre.

Uno dei fratelli ci dice che Mahmoud stava aspettando con ansia il martedì successivo, 3 aprile, per poter vedere il match del Barcellona, perché Mahmoud era un supporter della squadra.
Avrebbero visto la partita insieme.

Mahmoud era consapevole della possibilità di essere ucciso, era pronto a questa idea per amore della sua terra.
Ma allo stesso tempo Mahmoud pensava al suo futuro, e come tutti i ragazzi della sua età, pensava anche a guardare la partita della sua squadra insieme ai parenti e agli amici.

"La perdita di Mahmoud è stata un disastro per tutta la nostra famiglia - ci dice il padre - ma ora Mahmoud è con Dio e speriamo che stia meglio.
In Cisgiordania più di 300 persone sono rimaste ferite. Lì i soldati israeliani hanno utilizzato proiettili di gomma. A Gaza vi sono gli F-16 e i soldati utilizzano proiettili veri, a Gaza i soldati sparano per uccidere i palestinesi", conclude Mohammed.

Chiedo infine ai familiari se si sentono di lasciare un messaggio alla comunità internazionale.
Mohammed, il padre, ci dice: "Io voglio sapere che cosa ha fatto Mahmoud per dover essere ucciso da Israele.
Ringraziamo per la solidarietà e ringraziamo gli internazionali che sono qui per supportare i palestinesi."
Nedal, uno dei fratelli di Mahmoud, interviene: "Se mio fratello fosse stato un soldato ed avesse ucciso un ragazzo israeliano, quale sarebbe stata l'opinione delle persone del mondo intero?
Questa domanda è rivolta sopratutto ai governi degli altri paesi. Anche io vorrei sapere che cosa ha fatto Mahmoud per dover essere ucciso."

Chiedo ad Haiaa, la madre di Mahmoud, come si sente. Con occhi ancora increduli, mi risponde "Ho un fuoco nel cuore. Ogni giorno vado nella sua stanza, ogni giorno mi avvicjno al suo letto e poi inizio  a piangere".

La mamma di Mahmoud mi accompagna nella stanza del figlio. Mi mostra il suo computer, ne accarezza lo schermo. Mi mostra un piccolo mobile su cui sono poggiati i suoi oggetti. Un dentifricio, lo spazzolino, un pettine, una spazzola, un gel per i capelli. Prende il dentifricio, me lo porge, lo rimette al suo posto, dov'era prima. 
Mi mostra i jeans di Mahmoud appesi ad un attaccapanni, li accarezza. I suoi jeans sono ancora lì al loro posto.
La mamma di Mahnoud tiene la sua stanza in ordine e così come lui l'ha lasciata, come se lui fosse ancora vivo, come se dovesse tornare.
Sentivo mancare il respiro davanti al suo dolore.
L'ho abbracciata, un abbraccio pieno di sentimento di impotenza, consapevole che il mio abbraccio non avrebbe mai potuto alleviare il suo dolore, consapevole che nulla potrà mai riportarle suo figlio.

Martedì il Barcellona ha vinto. Mahmoud non ha potuto più essere lì seduto sul divano di casa a guardare la partita, ma forse lassù avrà sorriso. Ora aspetterà che arrivi la vittoria più grande, per veder riconosciuti i diritti del popolo palestinese.

Mahmoud Zaqout, 19 anni

i genitori di Mahmoud ed alcuni dei suoi fratelli


la madre di Mahmoud mostra la camera del figlio





in questo poster, la foto che Mahmoud si era scattato nei giorni precedenti alla manifestazione


Un video che ho girato durante la manifestazione




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